Inglese e bigodini, così la parrucchiera batte la crisi
La sciure angloamericane vanno a Masnago, dove la titolare di un negozio ha scritto sulla vetrina: "English spoken". Così una professionista della messa in piega fa quadrare i conti grazie alle sue esperienze all'estero
Che cosa chiede una donna alla sua parrucchiera? Sì, certo, prima di tutto che sia brava, ma detto questo, non è indifferente il fatto che sappia anche un po’ chiacchierare, fare conversazione, scambiarsi qualche opinione. Manoela Satta, è una di quelle parrucchiere che ha fatto tesoro di questo insegnamento e ha deciso di mettere a frutto i suoi otto anni passati a Londra tra il 1980 e il 1988. Alle sue clienti propone di chiacchierare in inglese, l’ha scritto anche sulla vetrina del negozio (“English
spoken”), l’ha ribadito persino nel nome stesso della sua impresa (“London Style”) e adesso che c’è la crisi il suo zoccolo duro di clienti anglofone non l’abbandona; è il suo “tesoretto”, e il locale tira sempre. Le ladies arrivano? “Yes, arrivano, per fortuna”. Margareth Mellory, una signora inglese di Durham City, ha vissuto 15 anni a Verona, dove il marito era un manager della Glaxo, oggi vive a Masnago, quartiere di Varese a due passi dal negozio di Manoela (in via Piemonte), e dice che ormai parla inglese solo quando è dalla parrucchiera. “E’ vero – racconta – il giovedì è l’unico momento della settimana in cui parlo nella mia lingua, Manoela è brava e parla inglese davvero bene”. Chi sono le sue clienti? “Ci sono le mogli dei manager della Whirlpool – racconta la titolare del negozio – e anche quelle dei soldati della Nato, ho avuto come clienti persino le soldatesse americane della caserma. Vengono da Stati Uniti, Inghilterra, Nuova Zelanda, Australia, c’è un passa parola di donne che mi porta le clienti ed è un bene perché in questi ambienti c’è grande ricambio; sono donne che stanno qui due o tre anni e poi vanno via dall’Italia. E poi sono anche iscritta al Club di Benvenuto della Whirlpool per i manager che vengono dall’estero, nel loro giornalino c’è la mia inserzione, oltre quella di altri locali dove si parla inglese”. Ma la parrucchiera anglofona ha gli stessi argomenti di quella in italiano? “L’unica regola qui – spiega Manuela – è che non si fanno pettegolezzi, niente gossip, per il resto mi piace parlare in inglese e gli argomenti non mancano. Mi piace avere clienti stranieri, parlare con loro apre la mente”. Manoela Satta ha una storia interessante: 52 anni, padre sardo, madre veneta, è nata in Francia, ha sempre avuto la passione delle lingue; nel 1980 è andata a Londra per imparare bene l’inglese e può anche raccontare che cosa significhi lavorare in un paese straniero. “Innanzitutto ho rispettato le loro regole perché non ero a casa mia. Ho capito che senza parlare molto bene l’inglese non potevo fare nulla. Ho iniziato come ragazza alla pari e la mia prima maestra di inglese è stata una bambina di 3 anni. Poi ho trovato un lavoro nella geriatria di un ospedale: un lavoro pesante, ma una grande esperienza umana. In seguito ho fatto la barista, e lì ho imparato bene la lingua. Tramite un’amica ho avuto un posto da parrucchiera a Londra centro, West end, vicino Soho, dove sono rimasta cinque anni”. E’ tornata in Italia, un po’ per ragioni personali e un po’ per nostalgia, ma si è portata dietro un bagaglio professionale che è la chiave del suo lavoro attuale. Accanto al suo shop, c’è una toelettatura per cani. E quando il suo cagnolino, Pippo, abbaia ai “colleghi” che vanno farsi i bigodini nel negozio accanto, ecco che lei lo richiama in inglese. “Pippo…shut up!”. E Margareth ride: “Anche il cane qui parla inglese”.
spoken”), l’ha ribadito persino nel nome stesso della sua impresa (“London Style”) e adesso che c’è la crisi il suo zoccolo duro di clienti anglofone non l’abbandona; è il suo “tesoretto”, e il locale tira sempre. Le ladies arrivano? “Yes, arrivano, per fortuna”. Margareth Mellory, una signora inglese di Durham City, ha vissuto 15 anni a Verona, dove il marito era un manager della Glaxo, oggi vive a Masnago, quartiere di Varese a due passi dal negozio di Manoela (in via Piemonte), e dice che ormai parla inglese solo quando è dalla parrucchiera. “E’ vero – racconta – il giovedì è l’unico momento della settimana in cui parlo nella mia lingua, Manoela è brava e parla inglese davvero bene”. Chi sono le sue clienti? “Ci sono le mogli dei manager della Whirlpool – racconta la titolare del negozio – e anche quelle dei soldati della Nato, ho avuto come clienti persino le soldatesse americane della caserma. Vengono da Stati Uniti, Inghilterra, Nuova Zelanda, Australia, c’è un passa parola di donne che mi porta le clienti ed è un bene perché in questi ambienti c’è grande ricambio; sono donne che stanno qui due o tre anni e poi vanno via dall’Italia. E poi sono anche iscritta al Club di Benvenuto della Whirlpool per i manager che vengono dall’estero, nel loro giornalino c’è la mia inserzione, oltre quella di altri locali dove si parla inglese”. Ma la parrucchiera anglofona ha gli stessi argomenti di quella in italiano? “L’unica regola qui – spiega Manuela – è che non si fanno pettegolezzi, niente gossip, per il resto mi piace parlare in inglese e gli argomenti non mancano. Mi piace avere clienti stranieri, parlare con loro apre la mente”. Manoela Satta ha una storia interessante: 52 anni, padre sardo, madre veneta, è nata in Francia, ha sempre avuto la passione delle lingue; nel 1980 è andata a Londra per imparare bene l’inglese e può anche raccontare che cosa significhi lavorare in un paese straniero. “Innanzitutto ho rispettato le loro regole perché non ero a casa mia. Ho capito che senza parlare molto bene l’inglese non potevo fare nulla. Ho iniziato come ragazza alla pari e la mia prima maestra di inglese è stata una bambina di 3 anni. Poi ho trovato un lavoro nella geriatria di un ospedale: un lavoro pesante, ma una grande esperienza umana. In seguito ho fatto la barista, e lì ho imparato bene la lingua. Tramite un’amica ho avuto un posto da parrucchiera a Londra centro, West end, vicino Soho, dove sono rimasta cinque anni”. E’ tornata in Italia, un po’ per ragioni personali e un po’ per nostalgia, ma si è portata dietro un bagaglio professionale che è la chiave del suo lavoro attuale. Accanto al suo shop, c’è una toelettatura per cani. E quando il suo cagnolino, Pippo, abbaia ai “colleghi” che vanno farsi i bigodini nel negozio accanto, ecco che lei lo richiama in inglese. “Pippo…shut up!”. E Margareth ride: “Anche il cane qui parla inglese”. TAG ARTICOLO
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