La Stazione di Cavaria: da luogo felice a terra di degrado
Sergio Michilini documenta il degrado della stazione di Cavaria-Oggiona-Jerago, contrapponendolo al ricordo di un luogo felice, dove iniziò a dipingere
Ci sono luoghi del passato che, con l’arrivo della modernità ma anche a causa della scarsa attenzione, stanno perdendo la loro poesia, la loro identità. Ognuno ha un luogo del cuore che ha riscoperto violato, violato dal tempo. Il pittore Sergio Michilini ci ha raccontato, sul suo blog per VareseNews, il suo dolore nel vedere cosa sta accadendo alla Stazione ferroviaria di Cavaria-Oggiona-Jerago.
Un luogo legato a ricordi vividi della sua infanzia: «Ho vissuto la mia infanzia e adolescenza nel Casello della Stazione ferroviaria di CAVARIA-OGGIONA-JERAGO intorno agli anni ’60: mio padre era ferroviere e io lì ho incominciato a dipingere verso i 13 o 14 anni. Lì ho avuto il mio primo Studio bohemio, con tanto di stufetta a legna, cavalletto, colori, libri e un giradischi che di notte facevo andare a tutto volume, sognando la vita, l’Arte, Modigliani e Montmartre. La Stazione di CAVARIA-OGGIONA-JERAGO era una specie di paradiso, un microcosmo di cose e di persone belle», il racconto, che potete leggere sul suo blog, è un intenso squarcio di ricordi dal passato.
Il presente, però, è decisamente meno poetico: «Oggi questa Stazione è in completo abbandono. E’ in rovina e sta cadendo a pezzi. I pesci rossi non ci sono più, e neanche i fiori, e non ci lavora più nessuno, né capistazione, né capisquadra, né manovali, né casellanti nei Passaggi a Livello, nessuno. La Stazione è sporca, piena di spazzatura come una discarica a cielo aperto, è tutta imbrattata da graffiti americani e sta cadendo a pezzi. E’ disumana e fredda e non c’è amore per niente e per nessuno. Solamente passano solitari come bisce i nuovissimi e bruttissimi treni di TRENITALIA, estranei, con colori falsi e forme marziane in mezzo al niente. La gente arriva e parte rapidamente da questo posto, in silenzio e con facce serie, preoccupate, tristi e stressate e a nessuno viene ormai più in mente di venire qua a passare il suo tempo libero. Neanche le merci arrivano più alla stazione di Cavaria, e il binario morto…è morto per davvero e quasi sepolto dai rovi e dalle erbacce».
Si tratta solo del segno del tempo o anche dell’incuria? La testimonianza fotografica di Michilini, che ritrovate nella galleria fotografica, è amara. Forse anche voi avete perso un luogo del cuore… potrete condividere le vostre opinioni con lo stesso artista, attraverso i commenti aperti sul suo blog.
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