Rybnik e Busto Arsizio “gemellate” dalla scuola
I ragazzi del liceo Modrzewski della città slesiana ospiti in questi giorni delle famiglie dei "colleghi" del Liceo Crespi. Culture, simboli e segni di memoria storiche ora gloriose, ora tragiche: due nazioni si incontrano
Dalla Polonia a Busto Arsizio per uno scambio scolastico, ospiti delle famiglie dei compagni italiani. Questo il percorso di un gruppo di studenti polacchi del liceo Andrzej Frycz Modrzewski di Rybnik che questa settimana hanno "restituito" la visita resa loro dai ragazzi del liceo Crespi (classe IIa C) lo scorso marzo. Ieri i giovani polacchi, appartenenti ad una classe terza, l’ultima del loro liceo (hanno 17-18 anni), con i "colleghi" bustocchi hanno visitato Milano: Duomo, Castello Sforzesco, Cenacolo vinciano, la Scala. Oggi li attende Venezia con le sue meraviglie sospese tra cielo e acqua – curiosità: per arrivarci passeranno accanto a Peschiera, il cui nome tradotto in polacco suona esattamente Rybnik – prima del lungo ritorno. In precedenza avevano potuto visitare l’incanto di Camogli e di San Fruttuoso, nel Levante ligure, e le isole del Verbano.
Ad accompagnare i ragazzi delle due scuole le professoresse Maria Silanos e Zofia Jakubowska, che hanno a loro volta potuto arricchirsi reciprocamente con il confronto delle relative esperienze. «Volevo ringraziare la collega italiana per questo programma, davvero ricchissimo» dice Jakubowska in un italiano eccellente. «Ci è stato possibile visitare luoghi splendidi, e aggiungo che nessuna agenzia di viaggio avrebbe mai potuto darci la cosa più preziosa: conoscere direttamente gli italiani vivendo con loro».
«Questa settimana di scambio studentesco, devo dirlo, è stata davvero piacevole per noi tutti». Così il "portavoce" Aron Szendzielorz (da pronunciare è un pochino meno terrificante di come sembra scritto, ndr). «L’italiano non è molto studiato da noi» dice, «la lingua straniera per definizione è l’inglese, poi nella mia classe c’è chi studia il tedesco e chi il francese». L’ancoraggio occidentale, dopo decenni di russo imposto, è assicurato. Le differenze fra le scuole, italiana e polacca? «Be’, per cominciare, da voi le singole ore di lezione durano 45 minuti, le nostre 65…» Poi il liceo di Rybnik è “tuttologico” in partenza, solo dopo si suddivide in indirizzi differenti che gli studenti possono scegliere, equivalenti ai nostri classico, scientifico, eccetera.
Aron ha dei parenti nel nostro Paese, in passato ci ha passato alcuni mesi, capisce qualche parola d’italiano. «Personalmente conoscevo già un po’ cultura e cucina italiana. Certo poi tornando di persona qui si è potuto ampliare il panorama delle nostre conoscenze sul paese. Abbiamo conosciuto gente, visto cose belle, le antiche chiese, la profondità della cultura».
In Polonia fa già freddo, massimo cinque gradi: qui il sole brilla ancora caldo, nonostante il vento asciutto che spazza le prime foglie ingiallite. Per i ragazzi polacchi scendere quaggiù è come fare un salto di un mese all’indietro, o giù di lì. Il clima è fra le prime cose che ai polacchi vengono in mente quando pensano all’Italia. «La pizza, gli spaghetti, il sole e il mare» dice Aron quando gli chiediamo dell’immaginario dei polacchi sul nostro Paese. A parte sospettare che tale immaginario sia stato "colonizzato" da quello dei vicini tedeschi (ma lo diciamo sottovoce perchè si sa, i polacchi sono molto suscettibili), non resta che concludere che dell’Italia amano ciò che più manca loro. Cucina e clima mediterraneo devono sembrare un miraggio, al di là dei Beschidi e dei Tatra. «Era così blu il mare di Liguria»: non è certo il Baltico. Meno aringhe e più tuffi.
Per i bustocchi parlano Tommaso Simonetta ed Elisa Reni. «Questo scambio è interessante, ci porta a contatto con un Paese “insolito”, meno conosciuto di quelli con cui di norma si fanno scambi di tipo linguistico: Francia, Spagna eccetera». Se per i ragazzi del Crespi l’occasione è stata rara, per i polacchi quella di vedere l’Italia era davvero ghiotta. Ma è l’inglese la lingua per capirsi, of course. Le troppe sz e cz, per tacere delle ł che si pronunciano suppergiù "u", sgomentano gli italiani, i cui apostrofi, accenti e doppie lasciano in compenso perplessi i polacchi. Meglio attenersi a un linguaggio terzo…
«Ci ha colpito l’ospitalità quando siamo stati in Polonia a marzo: i ragazzi polacchi ci hanno seguito ovunque premurosi, le loro famiglie non ci hanno mancare nulla, ci davano di quei panini giganti da portarci dietro quando andavamo in gita da qualche parte…»
Ma non è solo di piccole cose o di bellezze naturali e artistiche che è fatto uno scambio. Sono anche i segni della memoria a dover essere coltivati. E così a marzo i ragazzi del Crespi hanno visitato il lager di Auschwitz, oggi museo a cielo aperto dello sterminio nazista che portò via alla Polonia di allora sei milioni dei suoi abitanti, per metà ebrei; e lunedì il sindaco Farioli aveva mostrato ai ragazzi polacchi il nostro Tempio Civico, omaggio ai caduti e ai deportati. Ma la Polonia ha conosciuto anche la ferocia del comunismo di stampo stalinista, che le ha portato via altre centinaia di migliaia di vite, ingoiate dalla schiavitù del Gulag. «Con i ragazzi delle due scuole abbiamo discusso giusto ieri del film “Katyn” (di Andrzej Wajda), dedicato all’eccidio del corpo ufficiali dell’esercito polacco da parte sovietica» sottolinea la professoressa Silanos. Fino a vent’anni fa in Polonia, aveva raccontato la professoressa Jakubowska alla collega, c’era una storia ufficiale raccontata dal regime filosovietico, e una raccontata in famiglia, quella della Polonia eterna. Ora, la storia è di nuova una sola. Come l’Europa.
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