Torna a Busto il processo al pornomassaggiatore
Il collegio giudicante della corte bellunese ha accolto l'eccezione sollevata dall'avvocato di Roberto Benatti, il massaggiatore che narcotizzava i pazienti (uomini) e li violentava. Si riparte dalla richiesta di rinvio a giudizo
Il processo al pornomassaggiatore Roberto Benatti torna a Busto Arsizio. L’uomo, accusato di aver sedato e violentato molti dei suoi pazienti fino al maggio 2007, doveva essere giudicato dal tribunale di Belluno in quanto aveva uno studio anche in Veneto oltre che a Gallarate. A sollevare l’eccezione di incompetenza, accolta poi dal presidente del collegio giudicante Arturo Toppan, è stato l’avvocato Alberto Talamone sulla base del fatto che il reato più grave, tra quelli di cui è accusato, è la detenzione e l’uso di sostanze stupefacenti per sedare i pazienti , una pratica che nel suo studio di Gallarate il Benatti aveva usato con una certa disinvoltura, in seguito all’inasprimento delle pene attuato con la legge dell’aprile 2006. Sono ben 200, infatti, le persone manipolate dall’uomo che dovranno essere ascoltate a processo. Il fascicolo, dunque, fa ritorno a Busto e il pm incaricato Massimo Baraldo ha già fatto richiesta di rinvio a giudizio e il giudice per l’udienza preliminare Luca Labianca fisserà un’udienza per i primi mesi del 2010.
Il caso di Benatti fece molto scalpore in quanto ritenuto un professionista affermato nel suo campo. In realtà l’uomo era un vero e proprio stupratore seriale e il modo di agire era il seguente: quando si trovava a che fare con persone che avevano problemi all’area pelvica o del bacino, preavvertiva il paziente che lo avrebbe narcotizzato, in quanto le manovre e le manipolazioni che avrebbe dovuto eseguire sulla regione pelvica, da fuori e da dentro ("la mossa"), sarebbero state dolorose. Il paziente, stordito da dosi massicce di sostanze sedative cadeva addormentato e tale rimaneva anche per 10-12 ore. Mentre le sue vittime dormivano, l’uomo le violentava e fotografava. I dolori successivi al risveglio erano senz’altro attribuiti alle manipolazioni “curative”.
A scoprirlo, mentre eseguiva le sue "operazioni" era stato un giovane paziente di Arconate che si svegliò all’improvviso, durante la violenza, e capì in breve tempo quello che l’uomo stava facendo del suo corpo. Il ragazzo riuscì a fuggire fuori dallo studio e ad avvisare i parenti che chiamarono immediatamente le forze dell’ordine. I carabinieri, poi, scoprirono anche l’archivio di immagini scattate durante le violenze sessuali sul computer e una collezione di gadget da sexy shop utilizzati durante le violenze. Le stesse pratiche venivano messe in atto anche nello studio di Colle Santa Lucia, in provincia di Belluno, in alcuni casi nei confronti di minori.
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