Fausto Coppi, campionissimo anche a Varese

Cinquant'anni fa moriva per la malaria il "Grande Airone". Tra le sue tante imprese ci furono anche alcune leggendarie Tre Valli, non il Mondiale del '51. Ma a Lugano due anni dopo si prese la rivincita

Il 2 gennaio di cinquant’anni fa moriva all’ospedale di Tortona, a soli 40 anni, uno dei più grandi atleti dello sport mondiale, Fausto Coppi. Una morte improvvisa, scioccante, anche stupida visto che i medici sbagliarono diagnosi: dissero che si trattava di una forte influenza da curare con gli antibiotici e non si accorsero che ad ammazzare l’Airone fu la malaria contratta nella trasferta africana di poche settimane prima. Una morte pure evitabile visto che il francese Geminiani, compagno di camera di Coppi in Alto Volta, avvisò di avere contratto la malaria da cui guarì, debitamente curato. Una morte che, mezzo secolo dopo, continua a essere ricordata, esorcizzata, evocata, celebrata come nessun’altra, almeno nel nostro Paese.
coppi e bartaliE non poteva essere diversamente, vista la statura sportiva e personale di Coppi, un ex fattorino di salumeria, nato da famiglia contadina a Castellania e cresciuto a dismisura per classe, forza, intelligenza: prima a fianco di Gino Bartali alla Legnano, poi contro di lui con la maglia della Bianchi che lo (li) consegnerà alla leggenda sportiva e civile dell’Italia. Non è un caso che ancora oggi la fotografia (a lato – © 2000 OMEGA FOTOCRONACHE) che ritrae i due grandi rivali sia l’icona più famosa dello sport azzurro, come siano ben note a tutti certe frasi regalate dai cronisti di allora: dall’ «uomo solo al comando» scandita da Mario Ferretti alla radio nel giorno della leggendaria tappa Cuneo-Pinerolo, fino al «Grande Airone ha chiuso le ali» con cui Orio Vergani diede la notizia della sua morte sul Corriere. Il Campionissimo divise le folle anche per la vita privata, a causa della celebre storia con la "Dama Bianca", Giulia Occhini, che – come vi raccontiamo a parte – venne svelata proprio a Varese per poi deflagare anche a livello internazionale.

COPPI E VARESE: LA RIVELAZIONE NEL ’39 – Il corridore piemontese ha raccolto una serie infinita di successi nel corso della sua carriera, spezzata in due dalla guerra e dalla successiva prigionia in Africa, presso un campo inglese. Tra queste vittorie, Coppi non ha mancato di riempire anche l’albo d’oro della corsa più amata dai varesini, la Tre Valli, conquistata per ben tre volte nel 1941, 1948 e 1955. Prima di ciò però ci fu un episodio sconosciuto ai più, che lo vide protagonista ai piedi del Sacro Monte: nel 1939 (anno in cui Varese avrebbe dovuto ospitare il Mondiale poi cancellato dalla guerra) Coppi partecipò alla Tre Valli per corridori indipendenti, una sorta di sorella minore rispetto a quella dei professionisti, e naturalmente trionfò, scappando sulla Grantola e arrivando all’Ippodromo con quasi 7′ di margine. Per lui un premio d’altri tempi: un palmer promessogli il giorno precedente la gara da Lorenzo Bronzi, titolare di un negozio di bici "Ganna", colpito da quel ragazzo magro che curiosava con gli occhi sgranati tra telai, ruote e manubri.

tre valli varesine 1948 arrivo bartali coppiLE TRE VALLI DA LEGGENDA – Quando vinse la sua prima Tre Valli nel ’41, Fausto Coppi era già un corridore noto al grande pubblico: l’anno precedente aveva infatti vinto il Giro anche se i più avevano letto quel successo come frutto della libertà concessa dal suo capitano alla "Legnano", Gino Bartali, non al meglio e marcato stretto dai rivali. Il toscanaccio chiuse al terzo posto quella edizione in cui Coppi superò un altro grande dell’epoca, Olimpio Bizzi, che a Varese aveva già conquistato due edizioni.
Fu però la Tre Valli del ’48 a entrare di prepotenza nella leggenda: quell’edizione fu probabilmente la più importante della storia (forse pareggiata vent’anni dopo da quella vinta da Merckx in maglia iridata) per due motivi. Il primo: grazie alla straordinaria organizzazione e a una cornice di pubblico incredibile la corsa servì come vetrina per ottenere i Mondiali del 1951. La seconda riguarda invece lo svolgimento e soprattutto l’ordine d’arrivo: primo Coppi (a destra nella foto), secondo Bartali (a sinistra) in volata risolta per pochi centimetri, l’apoteosi del ciclismo.
E pure la terza Tre Valli centrata dal Campionissimo fu a suo modo storica: è del ’55 infatti l’unica edizione disputata a cronometro, sul percorso dei 100 chilometri, per assegnare la maglia tricolore della specialità. Dopo un avvio misurato Coppi si scatenò, rifilando 2’45" al secondo classificato, il trentino Aldo Moser.

LA FEBBRE MONDIALE – In mezzo a tanti successi ci fu anche un "buco" clamoroso, quello del Mondiale del 1951. Convocato (e non poteva essere altrimenti) dal commissartio tecnico Alfredo Binda, Coppi non corse a Varese per un attacco febbrile non chiarissimo. La rivalità con Bartali e Magni e la scelta dei gregari furono, secondo molti, le vere ragioni di quel forfait. Di diverso avviso invece un giornalista che lo conosceva bene, Gianni Brera (autore tra l’altro di "Coppi e il diavolo"), che così scrisse sulla Gazzetta dello Sport: «Sedeva sul letto appoggiato alla spalliera, e aveva (ci parve) gli occhi arrossati di pianto. Parlava a scatti, nervoso, sbattendo le palpebre, passandosi la mano sul volto. E ci prese pietà del campionissimo. "Era il solo campionato che avrei potuto disputare in Patria" – disse con voce arrochita – e tacque. […] «I miei occhi sono buoni e so leggere il termometro (parla il dottor Lincei ndr). Escludo qualsiasi atteggiamento "insincero" in Coppi: egli è malato e chiunque lo vede può affermarlo». Il mondiale, come noto, lo vinse Ferdi Kübler; la rivincita arrivò due anni dopo nella vicina Lugano quando Coppi vestì per l’unica volta la maglia iridata (nella foto una cartolina autografata) su strada da aggiungere alle due conquistate nell’inseguimento su pista. Altri capolavori di una carriera inarrivabile, stroncata da una morte imporvvisa, scioccante, anche stupida. Ed evitabile, quel 2 gennaio di cinquant’anni fa.

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Pubblicato il 02 Gennaio 2010
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