Benzina rubata ad Agesp: “Vogliamo sapere come hanno avuto la tessera”
Paola Reguzzoni annuncia che l'azienda si costituirà parte civile e chiede alla procura di scoprire come i tre si sono procurati la "Fuel Card" per fare benzina
L’amministratore delegato di Agesp Servizi Paola Reguzzoni non ha dubbi: «Se c’è una mela marcia lo vogliamo sapere». A due giorni dalla chiusura dell’indagine sull’indebito utilizzo della "Fuel Card" da parte delle tre persone arrestate è il momento degli interrogatori di garanzia che si terranno oggi alla presenza del giudice per le indagini preliminari Nicoletta Guerrero: «Speriamo chiariscano questo aspetto – fa sapere l’a.d. dell’azienda – il danno che ci hanno causato non è indifferente e ci costituiremo parte civile proprio per farci rimborsare fino all’ultima goccia di benzina rubata».
La card era in dotazione ai cinque operai del servizio cimiteriale e ancora non è chiaro come i tre indagati siano riusciti ad ottenerla e ad usarla per così tanto tempo: «Da dicembre, quando abbiamo sporto denuncia tramite il nostro avvocato Vittorio Celiento, fino alla fine di marzo abbiamo dovuto fare finta di niente in attesa che le indagini di procura e Guardia di Finanza arrivassero a provare inconfutabilmente la frode e le persone che l’hanno perpetrata. In molti ci hanno chiesto perchè ci è voluto così tanto ma senza questo necessario periodo di osservazione non saremmo mai risaliti alle identità dei malfattori». Solo a fine anno l’azienda, tramite un controllo amministrativo su quantità di rifornimenti fatti ad orari insoliti, era riuscita a capire che qualcosa non andava: «Quando abbiamo capito che un Apecar non poteva imbarcare 70 euro di benzina abbiamo avviato le procedure con il nostro legale – chiarisce Paola Reguzzoni – prima di quel momento nessuno ci ha detto nulla».
Malfattori che, grazie ad un’accurata indagine che si è avvalsa di riprese di telecamere a circuito chiuso nei distributori e incroci di tabulati e celle telefoniche, è riuscita ad accumulare prove sufficienti a portare a giudizio almeno quelli che la tessera l’avevano in tasca e la usavano a proprio piacimento.
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