Mio padre morì per il morbo della mucca pazza. Perchè non viene riconosciuto?
Il caso della donna di Livorno viene considerato il secondo in Italia dopo una vittima del 2003. Ma anche Gabriele morì nel 2008 per lo stesso morbo
«Anche mio padre è morto per il morbo della mucca pazza. Perchè nessuno lo vuole ammettere?» Dopo la notizia della signora di Livorno che lotta contro il morbo di Creutzfeldt-Jakob, Patrizia non riesce a darsi pace: « Perchè si parla del "secondo caso in Italia" dal 2003? Perchè mio padre non rientra in questa casistica nazionale?»
La rabbia si mescola al ricordo di quei giorni strazianti, un calvario iniziato il 23 agosto del 2008: « Mio padre faceva il muratore e da qualche giorno era a casa in ferie. Mia madre mi telefonò dicendo di rientrare dalle ferie perchè papà non stava bene. Sembrava avesse l’Alzheimer, avvertiva un senso di smarrimento, soprattutto aveva perso il senso del tempo».
Fu visitato prima dal medico di base, che consigliò la visita da uno specialista perchè temeva un tumore al cervello o al bulbo oculare. Ma, dopo visite accurate, quelle ipotesi vennero scartate: « Ci rivolgemmo, allora, a un neurologo dell’ospedale di Circolo che decise per il ricovero. Mio padre subì una serie di esami, compreso quello del midollo i cui esiti, però, si sarebbero avuti dopo alcuni giorni. Così fu dimesso».
Il ritono a casa fu drammatico: in quei giorni trascorsi in reparto, Gabriele peggiorò notevolmente: « Aveva perso totalmente il senso del tempo e dello spazio. Non riconosceva più la nostra casa, non riusciva a fare le scale. Per aiutarlo, mettemmo dei cartelli appesi ad ogni porta per indicargli che stanza fosse. Ogni giorno peggiorava. Aumentavano le allucinazioni: serpenti, ragni, animali feroci, e piogge torrenziali, onde altissime da cui difendersi. Non distingueva il giorno dalla notte ed era tormentato dalle visioni».
Alla fine di settembre, in pieni Mondiali di Ciclismo, Patrizia telefonò allarmata in ospedale chiedendo un immediato ricovero: « L’ambulanza riuscì ad arrivare solo alla sera. Noi non eravamo in grado di trasportarlo: non piegava più le gambe e non riusciva a stare fermo. Ancora non sapevamo quale fosse la causa, eravamo ancora convinti che fosse Alzheimer. Poi la prima ammissione: ci dissero che era il morbo della mucca pazza e che non aveva molte speranza di vita. Nonostante questa diagnosi, i medici proseguirono a fare esami e controlli. Intanto mio padre stava sempre peggio, lo legarono persino al letto perchè continuava a muoversi, proprio come quelle mucche che si vedevano in televisione. Morì il 23 ottobre alle 11 di sera. Io ero accanto a lui. Ho vissuto ogni attimo di questa agonia. Una morte lenta e devastante nel fisico ma anche nella mente. E oggi, a distanza di due anni, mi sento dire che mio padre non è "un caso", che non rientra nelle casistiche nazionali. E io mi chiedo perchè? Cosa si vuole insabbiare? Ho scritto al responsabile del registro nazionale di questi casi chiedendo come mai non conoscono la storia di mio padre. Abbiamo tutte le cartelle e le certificazioni che attestano le cause della sua morte».
« Quando è morto – ricorda ancora Patrizia – mio padre aveva 58 anni. Una vita viussuta a Vedano, senza esperienze all’estero, senza storie particolari. Ha contratto il morbo mangiando carne. Noi eravamo una famiglia normale, che acquistava nei supermercati locali. Nessuna cosa strana. Perchè la morte di mio padre non viene considerata?»
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