Polemica sui ristorni: necessari per gli italiani, troppi per la Svizzera
Sono la risorsa che tiene in piedi i bilanci dei comuni di confine ma dovranno fare i conti con il crescente malcontento elvetico. La consigliera Sadis chiede un cambiamento
A Cremenaga otto lavoratori su dieci sono frontalieri. Motivo per cui, ogni anno, il comune beneficia dei soldi che la Svizzera versa all’Italia in base all’accordo sulla compensazione finanziaria. «In media riceviamo intorno ai centomila euro – spiega il sindaco del paese, Mario Della Peruta -. Questi fondi hanno permesso all’amministrazione di realizzare negli anni importanti opere per i cittadini, che vanno dall’edilizia scolastica alla sanità, dalle strade ai lavori pubblici». Grazie ai ristorni dunque si è potuto fare molto. Ma mentre i comuni italiani pianificano i prossimi interventi da mettere in cantiere dall’altra parte del confine crescono i malumori. Portavoce ne è stata nientemeno che la consigliera di stato, Laura Sadis, che nel suo intervento alla tradizionale riunione con i rappresentanti delle regioni italiane di confine è stata molto determinata. La richiesta è quella di una revisione degli accordi sull’imposizione dei frontalieri ritenuti ormai datati. Dalla data di stipulazione, il 1974, ha affermato Laura Sadis «Non solo le condizioni di trasporto sono radicalmente cambiate, ma l’entrata in vigore dell’Accordo sulla libera circolazione delle persone nel 2006 ha modificato le condizioni relative ai lavoratori frontalieri, in particolare per quanto attiene all’obbligo del rientro giornaliero, inoltre un numero crescente di residenti in Svizzera esercita un’attività lucrativa nella zona di frontiera in Italia senza che l’Accordo preveda una clausola di reciprocità – assenza di reciprocità che riscontriamo anche in altri ambiti, in particolare in materia di accesso ai mercati. Questi aspetti, marginali all’epoca, vanno ora considerati correttamente».
Ma non è tutto. Ad alimentare i rancori svizzeri hanno contributo anche i recenti provvedimenti del governo che potrebbero incrinare ulteriormente sulle relazioni già complicate dallo scudo fiscale: «Se da un lato le relazioni a livello regionale sono da sempre ottimali – ha aggiunto la Sadis – purtroppo il bilancio è meno positivo ad un altro livello istituzionale, quello nazionale: penso in particolare alle grandi preoccupazioni che nascono dalle tensioni nate attorno alla questione dello scambio d’informazioni in materia fiscale, con l’iscrizione della Svizzera su una black list; da alcuni provvedimenti mirati al nostro territorio o alle aziende svizzere attive in Italia
che hanno accompagnato lo scudo fiscale; dal susseguirsi di misure discriminatorie non solo nei confronti di residenti svizzeri, ma anche di aziende italiane che collaborano con aziende svizzere e, non da ultimo, nei confronti dei lavoratori frontalieri residenti in Italia». Sui rapporti tra Roma e Berna, ha concluso quindi il consigliere, «c’è ancora da lavorare, molto da lavorare».
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