La ricostruzione dell’omicidio a Varese e quella frase di Manfrinati: “Giustizia è fatta, ora sto bene”

Gli spostamenti e le modalità dei fatti che hanno portato alla morte di Fabio Limido e al tentato omicidio della figlia Lavinia. Venerdì il conferimento dell’incarico per autopsia e visita legale

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Emergono con maggiore chiarezza alcuni elementi dell’omicidio e del tentato omicidio avvenuti lunedì 6 maggio a Varese secondo le ricostruzioni di chi conduce le indagini. Marco Manfrinati con in auto un coltello di 23 centimetri era andato lunedì sotto casa della ex moglie a Varese attorno alle 10 e non trovandola si è spostato in via Ciro Menotti dove è avvenuta l’aggressione a Lavinia Limido che i magistrati a tutti gli effetti qualificano come tentato omicidio e pure l’omicidio del padre di lei ed ex suocero Fabio Limido.

Lo scrive il giudice per le indagini preliminari di Varese Alessandro Chionna nell’ordinanza che convalida l’arresto dell’ex avvocato quarantenne ora in carcere ai Miogni, lo stesso Manfrinati che agli agenti della questura, che in 4 minuti erano accorsi sul luogo dell’aggresisone, alla vicina via Ciro Menotti aveva detto, non appena fermato: “Giustizia è fatta, ora sto bene”.

Manfrinati è stato visto arrivare e parcheggiare l’auto poi aggredire l’ex moglie col coltello: Lavinia Limido avrebbe fatto in tempo, secondo il racconto dei testimoni oculari riportato nelle carte, a gridare aiuto, ad attirare l’attenzione e a venir aiutata.

Urla sentite anche dal padre, uscito con una mazza da golf mentre Manfrinati – che secondo due testimoni ha agito parzialmente travisato – era già salito nella sua auto quando l’ex suocero ha colpito il veicolo con la mazza da golf.

Qui, secondo la ricostruzione dei giudici (che in parte configge con quella resa dall’indagato nel corso all’interrogatorio di garanzia) Limido sarebbe caduto a terra. A quel punto, sempre secondo l’accusa, Manfrinati, «scendeva dalla propria auro e, con lo stesso coltello con cui aveva colpito la moglie, colpiva ripetutamente il suocero – mentre questi si trovava a terra – in parti vitali come evidenziato dal verbale di ambulanza», vale a dire un trauma maggiore da arma bianca con lesione penetrante al collo.

Sul piano investigativo vi sarebbero agli atti delle riprese di telecamere che evidenzierebbero parte della scena (non tutta, nel suo complesso svolgimento). La Procura contesta anche diverse aggravanti, almeno quattro al tentato omicidio: premeditazione, motivi futili e abbietti, crudeltà e l’aver colpito persona offesa dal reato di stalking (a cui certamene si aggiungerà anche quella di aver impiegato un’arma); almeno due le aggravanti all’omicidio: motivi futili e abbietti, e sempre l’aver agito contro persone vittima di atti persecutori (oltre, anche in questo caso, alla possibile contestazione per l’impiego del coltello).

Nell’ordinanza sono presenti anche le trascrizioni dell’interrogatorio di garanzia ain carcere avvenuto mercoledì dove l’indagato dà la sua versione dei fatti esposti dal difensore di Manfrinati. In un passaggio l’arrestato ha chiesto di poter vedere il figlio (in tv a La Vita in diretta il difensore ha spiegato che il suo assistito è pronto a fare lo sciopero della fame in caso contrario), e ha affermato: «Vorrei chiedere scusa a Lavinia».

Nella giornata di domani verrà conferito l’incarico ai periti per eseguire l’autopsia su Fabio Limido e l’esame medico-legale a Lavinia Limido.

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Pubblicato il 09 Maggio 2024
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  1. PaoloFilterfree
    Scritto da PaoloFilterfree

    Alzi la mano quel padre che vedendo, la figlia sgozzata, non sarebbe corso in aiuto. Dio non voglia, ma, in questo Stato, dovesse succedermi, mi fionderei sul carnefice con ben altra cosa, di cui, poste le premesse, avrei raccolto con largo anticipo tutte le autorizzazioni necessarie per l’uso. Poi, direi io una certa frase.

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