«Non volevamo farla prostituire»
Interrogatorio per i cinque arrestati nell'appartamento di Golasecca per induzione alla prostituzione di una giovane 19enne illibata. Tutti respingono le accuse ma è certo che nell'appartamento si praticasse l'attività del meretricio
Non volevano farla prostituire ma trovarle davvero un lavoro come cameriera. E’ questa la giustificazione che i due rumeni (l’uomo e la donna che l’avevano portata in Italia), arrestati insieme ad altri tre, hanno dato alle accuse di sfruttamento della prostituzione e riduzione in schiavitù che pende sulle loro teste dopo essere stati arrestati nella notte tra il 10 e l1 ottobre scorso in un’appartamento di Golasecca. L’interrogatorio di convalida è avvenuto questa mattina, mercoledì, davanti al Giudice per le indagini preliminari del tribunale di Busto Arsizio Nicoletta Guerrero.
A chiedere l’aiuto dei Carabinieri di Gallarate era stata una ragazza 19enne rumena, da poco portata in Italia da quello che, durante l’interrogatorio di convalida, ha rivelato di esserne il fratello. Secondo la sua denuncia lui, insieme alla fidanzata e ad altri tre albanesi che vivevano nello stesso appartamento, l’avrebbero tenuta chiusa in casa (anche legata e costantemente sorvegliata) per indurla alla prostituzione insieme ad altre due ragazze rumene che erano lì da tempo. Alla presenza del legale Amanda Gugliotta hanno dato la loro versione tutti i cinque arrestati. Nessuno sfruttamento e nessuna schiavitù, dunque, secondo il fratello della giovane e la sua fidanzata: l’avevano tenuta a casa in quei giorni in attesa che imparasse un po’ di italiano e non di certo per convincerla al meretricio. La fidanzata del rumeno ha, invece, spiegato la visita medica per la verifica della verginità della giovane al fine di proteggerla dai tanti uomini presenti in quella casa e non di certo per venderla su internet alla cifra di 30 mila euro.
Si alleggerisce, invece, la posizione di uno dei tre albanesi. L’uomo avrebbe detto di essere regolarmente impiegato in una ditta di Molfetta dove vive e che solo 4 giorni prima aveva raggiunto gli altri due albanesi in quella casa sostenendo di avere, come prova delle sue parole, il biglietto del treno che lo ha portato a Gallarate. Le dichiarazioni degli arrestati saranno valutate dal giudice che dovrà decidere se confermare o meno la misura detentiva. L’unica certezza, al momento, è che all’interno dell’appartamento si svolgesse l’attività di prostituzione da parte di almeno due ragazze, quelle denunciate la sera stessa dell’arresto. Furono proprio loro a raccontare ai Carabinieri quanto guadagnavano giornalmente: circa 400 euro al giorno.
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