“Qui costruiamo l’integrazione, venite a trovarci”

La Lega sostiene che la sede dei "Fiori di Oggiona" sia una moschea mascherata. Dentro ci sono una saletta di preghiera, le aule per i corsi d'italiano e l'impegno di un gruppo di ragazzi. Italiani e stranieri

Il capannone è come tanti altri, ma una insegna colorata lo rende subito evidente a chi passa. È la sede dell’Associazione I Fiori di Oggiona Santo Stefano, nata due anni fa e animata soprattutto da ragazzi di origine straniera. “Seconde generazioni”, ragazzi nati e cresciuti in Italia che hanno deciso di impegnarsi per la comunità. Il presidente si chiama Abdessamad Nadir , ha 24 anni, lavora nell’informatica, e tutti lo chiamano con il suo nome italiano. «Alessandro. Me l’ha dato il mio primo datore di lavoro e io continuo ad usarlo» spiega, mentre ci fa entrare nella sede dell’associazione. 
 

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Proprio la richiesta per la nuova sede ha scatenato la Lega Nord locale, secondo cui si nasconde il tentativo di costruire una moschea nascosta e accusa il sindaco di scarsa trasparenza. Perché – spiegano – «tra le attività che si svolgeranno lì c’è anche la preghiera personale». L’espressione è contenuta nell’autorizzazione presentata per fare i lavori all’interno del capannone, documento in cui comunque non viene identificato il locale scelto. I lavori all’interno sono stati completati: dentro si trovano tre aulette per le lezioni d’italiano e di arabo (lavagne e banchi sono quelli dismessi da una scuola di Cassano Magnago) un ampio salone con tavolini, dove i ragazzi si trovano la sera a parlare. La sala per preghiera? È un salone con a terra i tappeti, forse una dozzina di metri quadri. «Lo usano anche i bambini per giocare» continua Alessandro (nella foto).
L’associazione, nata nel 2008, riunisce decine di persone, per lo più (ma non esclusivamente) straniere. Le lezioni d’italiano, molto frequentate, sono rivolte un po’ a tutti, ma in particolare alle donne, per migliorare la loro comunicazione. «Ai corsi di arabo invece partecipano tante persone diverse» spiega Alessandro: «bambini stranieri che non lo parlano e che aiutano i genitori a comunicare, persone sposate con altri che parlano arabo, altri che lo fanno per interesse personale». Così nelle “classi” ci sono italiani, marocchini, rumeni, sudamericani. Cittadini di una comunità sempre più multietnica. Anzi: interetnica, dove ci sono anche anche coppie miste di stranieri di diverse tradizioni.
 «L’obbiettivo che abbiamo sempre è fare integrazione, superare i problemi e la diffidenza, far conoscere le rispettive culture e valorizzarle», spiega ancora Alessandro, che è in Italia da quando aveva 6 anni. «Puntiamo soprattutto sui giovani, abbiamo un gruppo giovanile che si trova anche su Facebook». I ragazzi – molti sono italianissimi – alle associazioni del paese hanno promosso feste e tornei sportivi, mentre in settimana si trovano nel salone della sede, curato e arredato un po’ come un bar, con i tavolini. «Ma ci piacerebbe che più gente venisse a conoscerci: per questo apriamo ogni domenica la sede dalle 10.30 alle 12 e ofriamo i dolci marocchini e il the tipico». A sostenere tutto, c’è una grande passione, strana a vedersi

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Pubblicato il 26 Novembre 2010
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