In piazza della Scala, io c’ero. Ed è stata una protesta pacifica
Una studentessa racconta la sua contestazione davanti al teatro milanese a Sant'Ambrogio. E spiega i suoi motivi si studente e di persona che vuole crescere
È da quando ero al liceo a Varese che ho iniziato a informarmi sulla riforma Gelmini, ritrovandomi con ragazzi della mia età, di diversi licei, creando momenti di lettura e analisi. Poi il Liceo è finito e mi sono ritrovata catapultata nella realtà universitaria di Milano: realtà molto ampia e vasta. Per non perdere il lavoro fatto negli anni precedenti ho iniziato a frequentare assemblee e dibattiti organizzati dai vari gruppi studenteschi. E poi è arrivato il 7 Dicembre, la prima alla Scala di Milano. Sì. Ieri c’ero anche io davanti alla Scala a manifestare. Ma a differenza di quello che si fa vedere, quella di ieri è stata una manifestazione pacifica, anche se ci sono stati quei cinque minuti di guerriglia che, come di tradizione, hanno concentrato su di sè tutte le notizie dei giornali. Su quattro ore di presidio è stato l’unico caso, durato pochi minuti, in cui si è giunti a far ricorso alla violenza. Una violenza che non si voleva. Un metodo a cui non si dovrebbe mai giungere e che non volevamo raggiungere. E noi, e per noi intendo i ragazzi con cui stavo e tutti gli altri manifestanti (esclusi i diretti interessati delle notizie di tutta la giornata), non ci siamo arrivati.
Ero presente insieme ai ragazzi del Collettivo Noto, gruppo studentesco formatosi pochi giorni fa, che unisce noi studenti della sede di via Noto, appunto, distaccamento dell’Università Statale di Milano. Insieme a noi anche alcuni studenti dell’Accademia di Brera e altre facoltà. Noi studenti insieme al comitato italiano degli immigrati, conosciuti dopo la presenza sotto la torre di via Imbonati a Milano. Noi e lavoratori di diversi teatri. Noi e tanti lavoratori precari. Noi e tanti altri. Tutti lì con il semplice obiettivo di manifestare contro i tagli alla cultura e contro la riforma Gelmini. Lì, presenti con cartelloni, striscioni, fischietti, volantini, megafoni, tutto quello che può servire per informare, per unire le nostre voci in un’unica protesta. Una protesta pacifica.
Noi eravamo dalla parte opposta della piazza. Inizialmente ho visto solo tanto fumo rosso e poi ho sentito un petardo scoppiare. Ci siamo guardati e il pensiero è stato lo stesso: non si deve arrivare a questi metodi. Poi abbiamo visto gente correre via e d’istinto siamo partiti anche noi. Qualche metro, poi un secondo petardo. Ci siamo spostati ulteriormente, su un marciapiede, senza vedere nulla di particolare, ma solo il blocco di alcuni manifestanti e sentendo il coro "via via la polizia". Chi aveva megafoni in mano, studenti, lavoratori, immigrati, richiamavano all’ordine, ricordando che la violenza non serve a nulla, che quella era e doveva essere una manifestazione pacifica. Il tutto si è risolto in pochi minuti, poi tutto è tornato come prima.
Mi infastidisce il fatto che, come detto, si sia parlato soltanto di quei pochi minuti. Sì, perché poi passa sempre il solito messaggio: studente=casinista. No. Non mi piace. Perché io, come tanti altri studenti, non sono questo. Ma è facile generalizzare. Non sono una che va alle manifestazioni per saltare le lezioni, per creare incidenti e altro, ci vado perché credo in quello che faccio, perché studiare è il mio lavoro, come mi dicono spesso i miei genitori che mi permettono di studiare; avere una cultura personale, imparare a pensare con la mia testa, ragionare, conoscere, ricercare: sono queste le cose che mi interessano, perché o imparo queste cose, o non andrò molto avanti. Sono una ragazza piuttosto ambiziosa, voglio ottenere buoni risultati, sia per me, per soddisfazione personale, sia come "ricambio" ai sacrifici dei miei genitori. E penso che essere presenti in modo attivo all’interno della vita della propria società stia alla base della formazione. Come si suol dire "ci si fa le ossa" Ed essere presenti, ma in modo adeguato, ovviamente. E penso che questo possano confermarmelo anche altri studenti.
Credo nell’università, credo nelle conoscenze che ti trasmette, credo nelle possibilità di crescita che offre, nelle numerose possibilità di incontro con altre persone, nell’esperienza che ti porta, credo troppo in tutte queste cose per permettere che una riforma come quella della Gelmini, mi rovini tutto questo, mi impedisca di continuare il mio percorso di studi.
Ovviamente, non pretendo che tutti siano d’accordo col mio pensiero, tuttavia ci sono modi e modi di criticare, di esporre il proprio pensiero, siamo diversi e la diversità è fonte di ricchezza, sempre che ci sia la disponibilità al dialogo e al confronto, fatto in modi pacati e costruttivi.
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