Ho conosciuto l’ospedale del silenzio

Il primato della sanità lombarda è il risultato dell’impegno e dei sacrifici di tanti lavoratori che non fanno mai notizia e ai quali la politica è poco riconoscente

Una ventina di giorni da paziente nell’ospedale del silenzio, dove orari, ritmi di cura, rumori, cibo sono all’altezza della tradizione dei nosocomi italici, cioè assolutamente incompatibili con i precari equilibri di chi per una vita ha lavorato di notte, ma dove hai il conforto di una assistenza efficace, di una attenzione costante grazie a un’organizzazione esemplare, fatta di programmi comunicati in anticipo e rispettati, di terapie dalle scadenze ferree, di collegamenti e collaborazioni perfetti con altri reparti e servizi. (foto: il nuovo ospedale di Circolo di Varese)

Lo definisco ospedale del silenzio perché l’impegno e i sacrifici di tutti coloro che vi lavorano mai fanno notizia quando invece si tratta di realtà alla base dei primati della sanità lombarda tanto cari alla politica, peraltro sempre poco disposta al giusto riconoscimento per medici, infermieri e operatori sanitari ai quali magari tira il collo dopo aver chiesto e ottenuto l’ impossibile.
Il copione del reparto di pneumologia è standard e rispettato dalla quasi totalità delle altre unità operative del “ Circolo”, ospedale che vanta elevati livelli di cultura medica e di qualità dell’assistenza nonostante le tribolazioni inflitte a tutti gli operatori e ai cittadini dalla scelta dei politici di collocare la salute nel pianeta delle aziende con relative gestioni.
L’ospedale – azienda ha comportato una rivoluzione anche culturale perché ai primari, ai direttori vengono richieste capacità manageriali che non possono essere di tutti gli uomini di scienza. Da noi i medici ospedalieri dimostrano molta concretezza e confidenza nel ruolo di gestori, qualche problema ogni tanto arriva da chi è nato per l’insegnamento e non ce la fa a imitare quelle macchine organizzative che sono il rettore e la apprezzatissima vecchia guardia accademica.
E’ un momento non del tutto felice per gli ambienti universitari se un primario assolto a Varese è stato incredibilmente condannato a Milano: una vicenda complessa, in estrema sintesi è come se Alonso, top driver della Ferrari, venisse squalificato perché un meccanico ha utilizzato una gomma difettosa!
Dicevano i nostri padri romani: tot capita tot sententiae, cioè tante teste, tanti pareri. Oggi negli ambienti giudiziari della metropoli si rilancia una diversa traduzione del detto latino: non tante teste tanti pareri, ma … «tutto capita nelle sentenze».

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 10 Marzo 2011
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