I calabresi? Ottusi e arretrati, parola di avvocato
Uno dei difensori degli imputati nel processo alla 'ndrangheta di Lonate Pozzolo-Legnano ha puntato a minimizzare la portata criminale del gruppo alla sbarra: "Anche io la penso così ma non si può processare la calabresità"
Si è chiuso con l’udienza di oggi, martedì, il processo alla cosiddetta locale di ‘ndrangheta di Legnano-Lonate Pozzolo in corso a Busto Arsizio. A processo sono imputati di associazione a delinquere di stampo mafioso oltre una ventina di presunti apparteneneti al sodalizio criminale che, secondo l’accusa, avrebbero costituito un gruppo operante nell’ambito delle estorsioni, dell’usura e del riciclaggio di danaro proveniente da attività illecite quali sfruttamento della prostituzione e traffico di droga. Il processo, scaturito dall’indagine Bad Boys della Dda di Milano, poi integrata con la maxi-operazione Infinito/Il Crimine, è iniziato un anno fa e si è svolto secondo il rito abbreviato.
Questa mattina gli ultimi 4 difensori hanno dato fondo alle loro capacità oratorie per convincere il collegio presieduto dal giudice Toni Adet Novik. Particolare è stata la difesa di Fabio Zocchi, uno degli esponenti non calabresi della presunta cosca, con l’avvocato Giosuè Bruno Naso che ha definito l’intercettazione principale del processo, nella quale Filippelli parla con Fabio Zocchi di un esercito pronto a muoversi dietro Vincenzo Rispoli, una "masturbazione ideologica": «Parole di chi avrebbe voluto essere quel tipo di persona ma che in realtà non lo era neanche un po’». Singolare anche la scelta di difendere il suo imputato parlando dei calabresi come "ottusi e piccini, arretrati culturalmente". Rivolgendosi alle gabbie dove erano presenti gli imputati principali ha anche confermato: "E’ il mio pensiero, sono una persona libera", suscitando più di una smorfia di disappunto tra i tanti calabresi presenti. Secondo Naso, dunque, il processo non è alla ‘ndrangheta ma alla calabresità: «I calabresi si ritrovano tra di loro e tendono a scambiarsi favori all’interno del loro gruppo, ma questo non significa che sono degli ‘ndranghetisti. L’accusa non porta nessun elemento che possa essere considerato una prova se non parole comprate (quelle di alcuni pentiti, ndr) e intercettate».
Stessa linea difensiva per il legale di Nicodemo Filippelli che ha connotato come un società con molti tratti ancora tribali quella calabrese, allargando il campo in un secondo momento all’Italia intera. L’obiettivo dei difensori, dunque, è quello di ridurre ai minimi termini la portata criminale del gruppo: «Se hanno fatto qualche reato – dice ancora Naso – non è configurabile come associazione a delinquere di stampo mafioso». Terminate le requisitorie delle difese resta l’ultima udienza, lunedì 4 luglio, quella nella quale il collegio dovrà esprimersi con condanne o assoluzioni. Sarà il momento più atteso da tutti, dentro e fuori dall’aula.
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