Le rovine di Castelseprio e Torba patrimonio dell’Umanità

Decisione presa dal comitato internazionale Unesco riunitosi a Parigi: riconosciuto tutto il progetto sul passaggio dei Longobardi in Italia, da Udine a Foggia, tra cui i siti varesini

Le rovine medievali del Castrum di Castelseprio e Torba sono diventate Patrimonio mondiale dell’Unesco. La decisione è stata presa dal Comitato del Patrimonio Mondiale riunito a Parigi in questi giorni. La notizia era attesa da anni e fa parte di un percorso iniziato con la riqualificazione del territorio avviata dalla collaborazione tra la Provincia di Varese e il comune di Castelseprio, negli anni passati guidato da Romano Chierichetti, oggi da Monica Baruzzo.
Il comitato non ha scelto solo l’area di Castelseprio. Il Castrum rientra infatti in un progetto più ampio chiamato “Italia Langobardorum – I Longobardi in Italia. I luoghi del potere (568-774 d.C.)”: una serie di posti uniti dal passaggio della civiltà, da Udine a Foggia. «Il castrum di Castelseprio-Torba – si legge nella descrizione del progetto -, conserva significativi esempi di architettura militare, con la rinomata Chiesa di S. Maria foris portas, ubicata fuori dalle mura nell’area occupata dal borgo altomedievale, sulle cui pareti si conserva uno dei più alti testi pittorici di tutto l’Alto Medioevo».
 
Per l’Italia si tratta del 46esimo sito iscritto nella celebre lista “patrimonio dell’umanità”. In provincia di Varese è il terzo sito, dopo il Monte San Giorgio, condiviso con la Svizzera, e il più noto Sacro Monte di Varese. Per ottenere il riconoscimento dell’intero progetto “Italia Langobardorum” si sono impegnate cinque Regioni, sei Province, otto Comuni, due Comunità Montane, quattro Diocesi, un Parco, il FAI, la Fondazione CAB e due importanti centri di Studi, il Centro Italiano di Studi sull’Alto Medioevo e il Centro di Studi Micaelici e Garganici, il Ministero per i beni e le attività culturali, cinque Direzioni regionali e 17 Soprintendenze territoriali.
«Come riconosciuto dalla storiografia più recente, i Longobardi si pongono quindi tra i principali protagonisti del complesso periodo di transizione tra l’Antichità ed il Medioevo – si legge nella comunicazione data direttamente dal Ministero e dall’Unesco -; essi avviarono quel processo culturale, ereditato poi da Carlo Magno, che trasformò il mondo antico e contribuì alla formazione dell’Europa medievale, influenzando il successivo millennio della storia Occidentale. Un riconoscimento, quindi, che sancisce il portato degli studi contemporanei e mette fine ai concetti di “decadenza”, “fine della civiltà” e “barbarie” che venivano generalmente associati all’età che va dalla caduta dell’Impero Romano alla nascita di quello Carolingio, affermando invece – in una visione oggi particolarmente attuale – l’idea del continuum del processo storico, caratterizzato dalla compenetrazione di civiltà diverse».
 
Ecco l’elenco di tutti i territori riconosciuti dall’Unesco che fanno parte del progetto “Italia Langobardorum – I Longobardi in Italia. I luoghi del potere (568-774 d.C.)”:
  • il Tempietto Longobardo a Cividale del Friuli (UD), uno degli edifici più originali ed anche tra i più noti della tarda età longobarda, con i resti del Complesso Episcopale rinnovato da Callisto ed il Museo Archeologico Nazionale, dove sono esposti i preziosi corredi delle necropoli longobarde cividalesi;
  • il complesso monastico di San Salvatore – Santa Giulia a Brescia, oggi sede del ‘Museo della città’, uno straordinario palinsesto architettonico che ingloba il monastero femminile edificato dal duca Desiderio prima di diventare re, iscritto con l’adiacente complesso archeologico monumentale dove si conservano i maggiori edifici pubblici di età romana del nord Italia;
  • il castrum di Castelseprio-Torba (VA), che conserva significativi esempi di architettura militare, con la rinomata Chiesa di S. Maria foris portas, ubicata fuori dalle mura nell’area occupata dal borgo altomedievale, sulle cui pareti si conserva uno dei più alti testi pittorici di tutto l’Alto Medioevo;
  • il Tempietto del Clitunno a Campello (PG), il famoso, piccolo edificio che, per la sua forma classica e i numerosi spolia utilizzati per la sua realizzazione, fin dal Rinascimento è stato oggetto dell’attenzione dei più grandi architetti che ne hanno immortalato l’immagine nei secoli;
  • la Basilica di S. Salvatore a Spoleto (PG), un edificio eccezionale per il linguaggio romano classico con cui fu concepito, che ancora conserva all’esterno ed all’interno significativi frammenti di decorazione architettonica antichi ed elementi decorativi abilmente scolpiti dai lapicidi medievali;
  • la Chiesa di Santa Sofia a Benevento – una delle strutture longobarde più complesse e meglio conservate dell’epoca, che sulle pareti mostra ancora importanti brani dei cicli pittorici altomedievali, testimonianza più alta delle cd. “pittura beneventana” -, con l’attiguo chiostro che oggi ospita il ‘Museo del Sannio’;
  • il Santuario Garganico di San Michele a Monte Sant’Angelo (FG), che dal VII secolo, con i Longobardi, divenne il più importante luogo del culto micaelico, influenzando profondamente la diffusione della devozione per San Michele in tutto l’Occidente e divenendo un modello per i centinaia di santuari costruiti nel resto d’Europa, compreso il più famoso Mont-Saint-Michel tra Bretagna e Normandia.

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Pubblicato il 27 Giugno 2011
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