Molinari (Pd): “No ai calcoli di partito, appoggio il referendum”
Il dibattito nel centrosinistra, dopo i rottamatori anche il segretario cittadino di varese appoggia la raccolta di firme che però desta preoccupazioni nei vertici per questioni tattiche
«Sono favorevole al referendum e firmerò, senza indugio – spiega Molinari – il partito finora ha lasciato libertà di scelta e non si è schierato, ma la mia posizione l’ho ribadita anche ai tesserati che hanno organizzato le raccolte firme di questi giorni».
Non tutti nel Pd sostengono questa posizione: la tattica appare a molti sbagliata. Se si abolisse la legge Calderoli, torna in campo l’ipotesi di un ritorno alla legge precedente: il cosiddetto Mattarellum divideva i collegi territorialmente; alla camera ad esempio si eleggeva il 75% dei deputati con un maggioritario secco uninominale. In Lombardia nel 2001, però, arrivò con questo sistema una cocente sconfitta per il centrosinistra (70 a 74 seggi alla camera).
«Quello è un passo successivo – osserva il segretario cittadino – io credo che il primo problema sia quello di abolire una legge che ha creato un vulnus democratico. Oggi in Italia cinque persone nominano i parlamentari, questa è la realtà. Ci troviamo con un parlamento di yesman, il cui destino politico è appeso alla parola del segretario di partito». Già, ma i vertici del Pd in Lombardia sono preoccupati, o no? «E’ una preoccupazione legittima da parte di chi deve gestire il partito ad alti livelli – continua Molinari – ma rimane un problema di seconda battuta rispetto a quello principale. Bisogna ripristinare una libertà di scelta. In ogni caso, il Pd ha una proposta che non è il ritorno al mattarellum, anche se capisco che il pericolo di una mancanza di accordo tra le forze politiche possa portare al ritorno del vecchio sistema. Il referendum sarebbe però una sorta di pistola alla tempia ai partiti affinché facciano qualcosa». Quanti la pensano come lei nella base del Pd? «Secondo me siamo davvero in tanti a pensarla così».
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