Nell’ufficio del questore c’è un affresco di Montanari, ma è coperto
Nel palazzo di piazza della Libertà il dipinto che celebrava il regime fascista fu fatto coprire in fretta e furia dopo la caduta del duce. Nino Vedani: «Usai il biancone, poi feci un’altra “passata” in modo che si potesse in futuro favorire il recupero dell’opera».
In un suo libro autobiografico, “Pennellate di vita “ – in edizione non venale e riservata a parenti e amici – mio cugino Nino Vedani ha raccontato una quantità di episodi, legati alla sua attività lavorativa e artistica, che sono una interessante testimonianza. Nino ha superato i 90 anni, ha quindi vissuto i decenni del Novecento che per la nostra comunità hanno significato crescita, lotta, sofferenza e traguardi raggiunti.
Erano numerosissimi i ricordi delle esperienze fatte ed è stata severa la selezione al momento di condensarli in un libro che non doveva assolutamente essere una “pizza”, ma agile e accattivante, ragione per cui tra i tagli programmati finì un episodio che credo meriti di essere recuperato.
Appassionato di pittura, Nino era stato notato da un affermato maestro come Montanari e il loro rapporto fu determinante nei giorni in cui gli italiani furono protagonisti del primo, forte e popolare sussulto antifascista. La caduta di Mussolini il 25 luglio dl 1943 vide infatti la gente impegnata anche a cancellare i segni del regime e quindi a Varese doveva sparire l’affresco che alla Camera di Commercio celebrava il duce trionfante in versione equestre.
Montanari non volle procedere alla..”rettifica” chiese chi fosse Nino Vedani, in quei giorni militare nella Guardia alla frontiera a Iselle. L’operazione andò a buon fine, furono anche persuasi a non insistere coloro che volevano la distruzione dell’affresco.
Poco tempo dopo venne preso di mira un altro affresco realizzato nell’attuale ufficio del questore, nel palazzo di piazza della Libertà. Le autorità furono intransigenti: l’opera doveva sparire. Nino cercò di mediare perché Montanari era comunque un grande, ma non ci fu nulla da fare. «Decisi allora- è Nino che racconta- di effettuare un intervento che poteva conservare la parte affrescata del dipinto, che era celebrativo come quello della Camera di Commercio. Usai il biancone, poi feci un’altra “passata” in modo che si potesse in futuro favorire il recupero dell’opera».
Non ho avuto il coraggio di “ sgridare” Nino per il suo lungo silenzio, ma oggi possiamo affidare l’episodio agli storici dell’arte locale e alla sensibilità delle istituzioni per una adeguata documentazione e una fattiva collaborazione ai fini di un eventuale recupero di un Montanari che si annuncia prezioso.
Per il ministro Maroni il murale in qualche modo offrirebbe un ritorno ai suoi vivacissimi anni giovani, durante i quali probabilmente qualche scritta sui muri l’ha fatta. Non so dirvi se Bobo allora amasse la polizia.
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