In mezzo alle macerie la donna della speranza

Suor Marcella aiuta gli haitiani della periferia di Port Au Prince, la capitale. La religiosa ha costruito un villaggio, un parco giochi e una clinica. Al suo fianco c'è la concittadina Valentina che ha deciso di stare ad Haiti un anno

Due anni sono passati da quando suor Marcella Catozza ha annunciato l’inizio della sua esperienza ad Haiti, l’isola caraibica da poco sconvolta da un tremendo terremoto (oggi sono due anni dalla prima scossa che sconvolse la capitale) e che ancora oggi conta 600 mila persone senza un’abitazione e macerie dei 900 mila edifici distrutti ancora da spostare. La sua opera nella periferia della capitale, l’abitato di Waf Jeremie, ha portato una speranza in una delle zone più pericolose della città e un piccolo villaggio di casette coloratissime che dall’alto sono riconoscibili nel mezzo di capanne, tende, abitazioni in lamiera tutte delle stesso colore grigio e triste come la vita che si vive al loro interno. Suor Marcella, quando mise piede per la prima volta in quella zona, non era assolutamente ben vista e ci vollero giorni e giorni di insistenza per arrivare ad avere un primo contatto con i residenti del posto. Servì una mezza alluvione e suor Marcella nel fango ad aiutare a tirar fuori le persone travolte dall’onda di fango per far capire che lei era lì per aiutarli. Da quel momento la missionaria bustocca ha cominciato a operare nella zona realizzando un villaggio, un parco, una clinica, una scuola.

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Oggi la suora è ancora lì, a Waf tutti i giorni, in una città che se prima era pericolosa ora lo è di più, stretta dalla morsa della fame e della violenza delle bande che non smette di toccare anche chi, in quel posto, ci è andato per aiutare e fare del bene. La suora racconta sul suo blog: «In questi ultimi giorni a Waf Jeremie questa scelta della liberta’ e’ proprio evidente: ieri abbiamo dovuto chiudere la Klinik – piccolo ospedale realizzato col suo progetto – a mezzogiorno e venire via, dopo che alcuni ragazzi violenti della zona, dopo diversi giorni in cui cercavano di provocarci, hanno deciso di entrare nella clinica con la pretesa di essere assunti ed hanno chiamato in aiuto il peggio del peggio di Waf, per cui prima che la situazione si scaldasse troppo ce ne siamo andati ed oggi siamo a casa». Sì, suor Marcella ha un sito che aggiorna quotidianamente e mostra ai donatori cosa v fatto sull’isola.

Ma la suora bustocca è accompagnata da altri ragazzi che hanno deciso di condividere questa strada aperta due anni fa e ancora lontana dal traguardo: «C’è molto da fare qui – racconta Valentina Cardia, anche lei di Busto Arsizio, ad Haiti per un anno – qui puoi trovare una madre che viene a dirti che vuole abbandonare i suoi figli, perchè vive in una baracca e non ha la forza e la possibilità di mantenerli. Non è facile capire fino a che punto noi possiamo arrivare , senza sbagliare, accettando la realtà e accettando quello che non potrai mai cambiare ma allo stesso tempo lottare per quello che si può cambiare». Questa la visione di Valentina, poco meno di una trent’anni, fuggita da Busto per cercare la sua funzione nel mondo. Si direbbe proprio che l’ha trovata.

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Pubblicato il 12 Gennaio 2012
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