Marchionne:”Le fabbriche si salvano se esportano in America”
Gli stabilimenti italiani devono "cogliere l'opportunità " di esportare negli Usa, "ma se non accadesse dovremmo ritirarci da due siti dei cinque in attività". Lo racconta l'ad Fiat in un intervista
Gli stabilimenti italiani devono "cogliere l’opportunità " di esportare negli Usa, "ma se non accadesse dovremmo ritirarci da due siti dei cinque in attività".
Sergio Marchionne, in un intervista al Corriere della Sera, racconta le prospettive dell’azienda e il rapporto con Italia e Stati Uniti. "L’indebolimento dell’euro verso il dollaro aiuta, non chiederò più rottamazioni, ma servono costi competitivi, l’utilizzo pieno e flessibile degli impianti e una regia nel rapporto tra l’industria e la ricerca". È il “patto per la competitività” che l’amministratore delegato ha annunciato.
Gli Usa, spiega Marchionne, "hanno chiuso un certo numero di fabbriche" e questo dà la possibilità a "Messico, Canada o Europa" di soddisfare "un terzo della domanda di auto". E "Chrysler non riaprirà i siti ceduti alla liquidazione. Dunque é la Fiat che potrà esportate negli Usa. Questo penso di fare per l’Italia ed è per questo che trovo insopportabilmente razzista dipingermi come un uomo senza patria".
Ora, aggiunge, "conviene investire in Italia, man mano che le riforme del governo Monti vanno avanti". L’articolo 18, osserva Marchionne, "ce l’ha solo l’Italia. Meglio assicurare le stesse tutele ai lavoratori in uscita in modi diversi, analoghi a quelli in uso negli altri Paesi". La Fiat, comunque, sta investendo in Italia e con i nuovi contratti "ora possiamo lavorare". Quanto a Mirafiori, lo stabilimento "tornerà a regime entro la fine del 2014 con un modello Fiat e uno Chrysler". Quanto invece alla Fiom, per Marchionne "se si assume le sue responsabilità può rientrare già adesso. Ma temo che Maurizio Landini" (che sembra "molto più rigido" di Gianni Rinaldini, con cui "si poteva dialogare"), stia facendo "una battaglia politica".
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