Camilla Ravera, la pericolosa comunista incarcerata a Varese

L'editrice Arterigere ristampa il suo diario di 30 anni. Dove si parla di Togliatti ad Angera, di Gramsci a Canzo, e dello sguardo di Lenin, tutti visti da vicino

Una donna straordinaria. Guardatela in questa intervista su youtube e capirete chi era Camilla Ravera. Le edizioni Arterigere di Varese hanno ristampato un suo vecchio libro di memorie, che contiene almeno due chicche storiche su Varese e la storia del comunismo internazionale. Camilla Ravera, scrisse questo libro negli anni settanta. Si chiamava «Diario di 30 anni», e racconta la sua militanza politica nel partito socialista prima, e nel partito comunista poi.

La Ravera fu anche una delle prime donne al mondo a dirigere un partito: fu il segretario politico, per un breve tempo, nel 1929,
del Pci, quando Togliatti era espatriato a Mosca, Gramsci era in carcere, e il comitato clandestino comunista era stato decimato dagli arresti. La Ravera, maestra piemontese, era stata una delle compagne più fedeli di Gramsci. Nella redazione dell’Ordine Nuovo, lo segue praticamente in ogni avventura fino all’arresto. Il libro è straordinario, perché oltre all’analisi politica delle posizioni del partito comunista (travagliate e con l’ombra della “casa madre russa”), ci sono episodi duri e struggenti che valgono davvero il prezzo del volume. Innanzitutto, c’è il genio di Antonio Gramsci; la sua intelligenza, filtrata da quella altrettanto limpida e analitica di Camilla Ravera. Che racconta le riunioni clandestine del comitato centrale ai Corni di Canzo (Como) nel 1926, alla capanna Mara, e narra la struggente morte di Giacinto Menotti Serrati, ex capo socialista, durante una camminata per raggiungere la riunione clandestina del partito, colpito da un infarto, proprio nel giorno in cui il Pci doveva ricevere la visita di un emissario del Pcus per spiegare la posizione gramsciana rispetto a quella sovietica. Un altro incredibile episodio, riguarda la partecipazione della Ravera alle riunioni dell’internazionale comunista, negli anni venti, quando durante le pause dei lavori, lei e Bordiga giocavano a palle di neve, sotto il Cremlino, con Bucharin e altri dirigenti sovietici. Era una stagione di grandi speranze: i comunisti erano giovani, pieni di forza, non tutti conoscevano ancora la violenza della dittatura, e tutto sembrava ancora da fare.
La Ravera parla di Varese innanzitutto nel 1923, durante il primo periodo della sua clandestinità, quando Umberto Terracini trovò e affittò una casa ad Angera, dove soggiornò anche Palmiro Togliatti (a proposito, se qualcuno sa dove sia ubicata, ce lo faccia sapere).

Quella casa, che era appartenuta a borghesi di simpatie risorgimentali, fu abitata per alcuni mesi dai capi comunisti: aveva un imbocco sul lago, e ancora oggi non è ben chiaro quale fosse. Togliatti e la Ravera, una notte, trovarono negli interstizi della tappezzeria delle carte segrete che inneggiavano all’unità d’Italia. Poi il cane di una delle compagne morse un postino, e allora i comunisti dovettero scappare nottetempo per evitare sospetti.
Varese ritorna in gioco quando inizia il triste capitolo della sua detenzione. Ravera venne arrestata nel 1930 durante un appuntamento con un compagno comunista al mercato di Arona, tradita da un infiltrato milanese. Fu detenuta proprio ai Miogni di Varese, per diverse settimane, e in pagine di grande umanità narra della sua amicizia con una carceriera, una guardia penitenziaria di cultura popolare che le portava, di nascosto, della frutta colta dal suo albero di casa (chissà se in qualche famiglia varesina qualcuno ha sentito narrare questa vicenda).
Nel frattempo, un emissario dell’Ovra, in quegli anni, andò dalla madre a Torino, e le disse che se la donna avesse firmato una richiesta di grazia al Duce ci sarebbero state delle speranze. Rifiutò, con sdegno, perché sapeva che Camilla non avrebbe mai voluto. La durezza della detenzione fu ingigantita dalla coerenza politica della gramsciana Ravera, che in carcere mantenne sempre una posizione dialettica con i compagni più settari e che anche di fronte alle notizie sulle purghe staliniane del 1936 rifiutò sempre le analisi conformiste e sommarie, pur rimanendo fedele al partito. Nel libri traspare sempre un pudore, nell’attaccare il partito, anche quando si capisce che ne era palesemente in disaccordo. Come quando incredibilmente, nel 1939, Stalin si accordò con i nazisti per spartirsi la Polonia. Venne espulsa insieme a Umberto Terracini, futuro presidente della costituente repubblicana, ma fu riammessa nel 1945. E divenne senatrice. La lucidità e la cultura che traspaiono da questo libro sono sconvolgenti, ecco perchè vale la pena leggerlo.

Il volume sarà presentato giovedì 7 giugno alle 17 e 30 a Film Studio 90 a Varese, via De Cristoforis.
 

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Pubblicato il 07 Giugno 2012
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