“Al Camelot assistiamo ad un pessimo spoil system”

La Federazione della Sinistra critica la gestione della società partecipata 3SG e il cambio di presidente avvenuto qualche settimana fa

Riceviamo e pubblichiamo la posizione critica della Federazione della Sinistra (che è fuori dalla maggioranza di centrosinistra che governa Gallarate) sulla gestione della 3SG, la società partecipata dal Comune che si occupa di attività socio-sanitarie (a partire dalla residenza Camelot)

Ulteriore episodio di spoil system improvvisato e mal riuscito da parte dell’Amministrazione Guenzani: stavolta è toccato al Camelot, da tutti conosciuto come la casa di riposo dei Ronchi. Risalgono a qualche giorno fa le dimissioni di Enrico Moresi dalla presidenza dell’ente, immediatamente sostituito da Gianni Girardi, già numero uno di Impianti&Servizi e libero da responsabilità amministrative da quando detta società è stata accorpata alla AMSC s.p.a. Una storia breve, quella di Moresi, iniziata un anno fa, quando il sindaco, fresco di vittoria elettorale, lo nominò Presidente non sulla base di una sua precisa appartenenza politica ma di un rapporto di fiducia in quanto Presidente del Forum del Terzo Settore della Provincia di Varese. Contestualmente il sindaco nominò anche il nuovo Consiglio di Amministrazione, nelle persone di Gianfranco Selvagio, Eliseo Sanfelice, Benedettino Soldavini e Stefania Passerini, queste sì di stretta osservanza partitica.

Una storia breve, ma da subito accidentata, se si considera che il primo annuncio di dimissioni di Moresi risale allo scorso marzo e che da allora il rapporto conflittuale tra Presidente e Consiglio d’Amministrazione si è fatto sempre più manifesto. Le ragioni? Si stenta a credere che siano riconducibili all’auto aziendale concessa in uso alla direttrice generale Marina Leoni per il tragitto casa-lavoro, Turbigo-Gallarate per intenderci (alcuni consiglieri avrebbero accusato il Presidente di essersene assunto la responsabilità senza confrontarsi con il C.d.A.), o al ritardo accumulato per la presentazione dei progetti di adeguamento della struttura alle norme antincendio. Nella sostanza, probabilmente, la questione è più politica, o, meglio, partitica, o, forse ancora, interna ai rapporti tra i partiti del centrosinistra e la lista civica: perché, in estrema sintesi, il C.d.A. del Camelot da tempo fa la guerra alla Leoni, figura di stretta osservanza pidiellina scelta da Caravati nel corso della sua breve presidenza all’ombra dell’allora vicesindaco Massimo Bossi, e Moresi semplicemente ha avuto il torto di valutarne positivamente l’operato amministrativo.

Dispiace che un’azienda pubblica che ha come fine il benessere degli anziani debba subire le ripercussioni delle rese dei conti che troppo spesso accompagnano i cambi di amministrazione, perché per il Camelot la storia viene da lontano, addirittura dalle sue origini. E stupisce per la malafede l’atteggiamento del PdL, ora all’opposizione, che accusa l’attuale amministrazione comunale di non aver saputo andare al di là dalle divergenze delle segreterie di partito e di avere mandato gli uomini da loro scelti al macello. È sicuramente vero, ma da che pulpito viene la predica! Per anni, per non dire per decenni, gli uomini del PdL (e della Lega, non dimentichiamolo, quando era in maggioranza) hanno fatto del Camelot (e delle altre società comunali) uno dei terreni privilegiati della loro politica di occupazione del potere, tramescando e litigando al loro interno e attribuendo o revocando di volta in volta i vari incarichi gestionali non sulla base di criteri di competenza ma sulla base di altri, del tutto privati, di punizione o di compensazione man mano che mutavano gli equilibri di partito e di coalizione.

Senza andare a riprendere l’opaca e discussa era Durante, val la pena ricordare che del Camelot era Presidente Roberto Bosco, quando nel 2007 il C.d.A. spese 110.000 euro di buonuscita per consentire proprio a Durante di lasciare il suo incarico di direttore, “a titolo di incentivazione all’esodo” perché dimissioni e pensionamento avvenissero senza strascichi e contestualmente gli elargì un raddoppio di stipendio da 201 a 401.000 euro (36.000 mensili) per futuri gravosi impegni attinenti alla sua funzione: impegni in realtà mai assolti perché il neopromosso direttore generale si dimise appena qualche giorno dopo. Diventò poi nuovo Presidente Francesco Liccati, nel novembre 2009, quando Roberto Bosco si dimise in quanto l’Inpdap e la Corte dei Conti avevano chiesto conto del raddoppio dello stipendio di Durante. Giova ricordare nella fattispecie che il titolo di merito di Liccati era la provenienza da AN, nei tempi in cui AN e Forza Italia si erano riunificate nel PdL.

Ma passò meno di un anno e il sindaco Mucci rimosse d’autorità Liccati, ritenendolo non più affidabile politicamente solo perché aveva seguito Fini nel suo fallito tentativo di sfiduciare Berlusconi. Fu un aspetto della resa dei conti tra i finiani di Ferrazzi e i pidiellini di Caianiello, che comportò anche le dimissioni da Assessore all’Istruzione di Luca Carabelli e da Vicepresidente dell’AMSC di Marcello Stanzione. A Liccati subentrò a questo punto Paolo Caravati, a puro titolo di compensazione, perché aveva dovuto lasciare la sua funzione di vicesindaco a Massimo Bossi, nominato delfino pro tempore dal sindaco dimissionario Nicola Mucci, precipitosamente approdato all’ASL di Sondrio. Pochi mesi di presidenza i suoi, ma un atto amministrativo importante: la nomina a direttore di Manila Leoni, di Turbigo, Assessore ai Servizi Sociali del Comune, Presidente dell’Azienda Consortile per i Servizi e coordinatrice locale del PdL.

I conti tornano, ma questa ormai è storia recente: siamo arrivati alla primavera scorsa e, tanto per cambiare, anche Paolo Caravati si è dimesso, sia perché era in odore di incompatibilità (dovrebbero passare almeno tre anni tra un incarico nella pubblica amministrazione e la nomina in una società partecipata della stessa amministrazione) sia perché era imminente la campagna elettorale e non voleva rinunciare al Consiglio Comunale. Così, ulteriore cambio: in vece sua è subentrata come Presidente Isabella Peroni. Tutto ciò regolarmente da statuto, perché il sindaco può revocare il Presidente in qualsiasi momento, senza bisogno di motivazioni scritte.

Poi le cose sono andate come sono andate, il PdL ha perso le elezioni, Caravati non è stato eletto in Comune e così anche il lungo balletto delle dimissioni e delle nomine si è rivelato inutile e controproducente. È toccata a questo punto al neosindaco Guenzani la nomina di un nuovo Presidente e di un nuovo Consiglio d’Amministrazione, che, poco dopo l’insediamento, nel settembre 2011, hanno preso atto con sorpresa dell’esistenza di un Decreto Legge che stabilisce che enti come il Camelot devono essere amministrati a titolo onorifico, vale a dire gratuitamente, senza ricevere alcun compenso. Si direbbe un sacrosanto ritorno alla politica intesa come spirito di servizio, soprattutto trattandosi di un ente che ha in cura la componente più fragile della nostra comunità, ma nel frattempo è emerso che i voraci ormai ex-amministratori del Camelot per un anno hanno fatto finta di niente: talmente era consolidata la consuetudine di accaparrarsi di incarichi remunerativi che non si erano neanche accorti del decreto o, se se ne erano accorti, ne avevano dato un’interpretazione di comodo. Sta di fatto che, buonafede o malafede, incapacità o arroganza del potere, chi ha incassato i proventi non dovuti li ha dovuti restituire: tutti, meno uno, Paolo Caravati, che si arrampica sugli specchi e tenta di scaricare la responsabilità sul Consiglio Comunale e sulla Giunta di cui, ironia della sorte, era vicesindaco.

Sono pagine di un recente passato certamente non edificante che non dovrebbero consentire moralismi a posteriori o strumentalizzazioni di comodo, men che meno da parte di chi, magari per supplire ad un’inconsistente opposizione in Consiglio Comunale, tenta di accreditarsi come difensore d’ufficio delle passate amministrazioni di centrodestra.

C’è bisogno di voltare pagina, c’è bisogno di un nuovo Presidente integro e capace e di un C.d.A. che lavori con spirito di collaborazione. Da troppo tempo i cittadini gallaratesi, e le famiglie che per dare un ricovero dignitoso ai loro anziani pagano rette proibitive, si aspettano dal Camelot una ventata di pulizia e di efficienza.

Ennio Melandri

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 22 Ottobre 2012
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