Confartigianato: “Abbassare le tasse è la priorità”
Nel 2012, per la maggior parte delle imprese, la pressione fiscale è cresciuta di oltre il 20 per cento. Nella vicina Svizzera la tassazione pesa il 30 per cento in meno
Dalle ultime analisi di Confartigianato Imprese risulta che nel 2012, per il 74% delle imprese – pari a 1.067.214 aziende a livello nazionale – la pressione fiscale è cresciuta in media del 22,6%. La percentuale del 74% è addirittura superata nei casi delle imprese con dipendenti (79%), in quelle localizzate nel Nord Ovest (83%) e nel Mezzogiorno (80%), nelle aziende impegnate nel settore dei servizi alla persona (80%).
Nel 2013 il picco storico della pressione fiscale raggiunge il 45,3% del PIL; ai massimi livelli anche la pressione fiscale effettiva, pari al 54,5% del PIL.
L’emergenza tasse è stata più volte sollevata da Confartigianato Imprese Varese: la percentuale media di fiscalità sulle imprese del nostro territorio, secondo i dati dell’Ufficio Studi di Confartigianato Lombardia, è del 68,3%. Di oltre trenta punti superiore al 30,2% delle concorrenti imprese collocate nella confinante Svizzera e più alta di 15 punti rispetto il 53,1% delle vicine imprese austriache e di 3 punti superiore al 65,7% delle imprese localizzate nella vicina Francia.
La crisi ha richiesto misure fiscali di emergenza, ma ora si deve pensare alla crescita, alla produttività, al rilancio dell’impresa. Da un lato si deve puntare sì alle liberalizzazioni, ma dall’altro a un taglio deciso alla tassazione su imprese e famiglie.
La situazione a Varese – Le tasse che preoccupano maggiormente l’impresa – secondo un sondaggio di Confartigianato Imprese Varese sottoposto ad un campione di 500 imprenditori – sono, per il 90% delle imprese, l’IRAP (Imposta Regionale sulle Attività Produttive) e l’IMU (Imposta Municipale Unica). Per la provincia di Varese, la stima del gettito IMU calcolata sul valore imponibile potenziale provinciale – ai fini IMU sulle 9 categorie catastali relative agli immobili produttivi di impresa non agricole – è pari a 157,4 milioni di euro. A seguire, il restante 10% del campione si divide tra TARES (Tassa sui rifiuti e sui servizi; va a sostituire la Tarsu) e IRES (Imposta sul reddito delle società). Le imprese varesine si dimostrano virtuose nei pagamenti: il 95% degli intervistati da Confartigianato Imprese Varese non ha chiesto finanziamenti per poter pagare le imposte ma la pressione fiscale è insostenibile, e alcune tasse – secondo gli imprenditori contattati dalla Confartigianato varesina – "dovrebbero essere abbassate rapidamente" portando "l’aliquota a un 38-40%", commenta il campione.
La tassazione elevata va di pari passo con un grosso dispendio di tempo, da parte degli imprenditori, per fare fronte agli adempimenti burocratici: tutti d’accordo nel dire che "ogni mese si utilizzano dai 10 ai 15 giorni per seguire le pratiche legate al pagamento delle imposte". In Italia, infatti, il costo della burocrazia per le imprese, limitatamente ai processi monitorati dal Dipartimento della Funzione pubblica, è di 26,5 miliardi di euro. E ammontano a 2,8 miliardi gli oneri amministrativi a carico delle imprese derivanti soltanto da alcuni dei tanti adempimenti tributari.
«L’abbassamento dell’IRAP è da considerarsi una fra le massime priorità – commenta Mauro Colombo, direttore generale di Confartigianato Imprese Varese -. L’importante, però, è che l’abbassamento dell’imposta rappresenti anche per le micro e piccole imprese un vantaggio reale nell’aumentare la competitività e nel liberare la liquidità. Il nostro sistema economico, infatti, è composto per il 90% da imprese al di sotto dei 10 dipendenti. Dunque, sarà bene procedere definendo con precisione le caratteristiche delle imprese individuali escluse dal pagamento dell’Irap – imposta che colpisce indipendentemente dal risultato economico ottenuto dall’azienda – cominciando a ridurre gradualmente questo tributo a partire dalle imprese di più piccole dimensioni. La tassazione in Italia non può mantenere certi livelli: le imposte sono troppo alte rispetto alla qualità e al numero di servizi forniti dalla PA, scoraggiano l’attività economica perché non c’è equilibro tra ciò che chiede l’impresa e ciò che chiede lo Stato, non stimolano l’attività imprenditoriale (o di chi, un’impresa, la vuole aprire) e l’occupazione. Chi fa economia, chi rende competitivo il territorio, chi innova e vuole cambiare deve essere premiato anche sotto il punto di vista fiscale».
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