Madre coraggio in aula: “Anche i tossicodipendenti vanno arrestati”
La storia di Rosa Lanza che combatte da 12 anni contro la dipendenza da cocaina del figlio e contro gli spacciatori che frequenta. Chiamata in tribunale come testimone dichiara: "Lo Stato tollera il consumo di droga invece di aiutare chi è dipendente"
Doveva essere una normale deposizione di una teste a conoscenza di determinati fatti che riguardano una rete di spacciatori, frequentata anche da suo figlio in qualità di consumatore, ma la testimonianza di una donna di Busto Arsizio si è trasformata subito nell’urlo di dolore e di allarme di una madre coraggiosa che da 12 anni combatte con la tossicodipendenza del proprio figlio. Lo ha fatto senza paure e alla presenza figlio, questa mattina mercoledì, durante l’udienza del processo per spaccio di sostanze stupefacenti nei confronti dell’ex-militare della Nato di Solbiate Olona Marcello Di Chiara, di Emanuele Caruso e Melissa Micillo. I tre, secondo l’accusa rappresentata dal pubblico ministero Mirko Monti, avrebbero fatto parte della rete di Michele Ranieri, uomo legato al clan camorristico dei Gionta che smerciava cocaina e hashish in tutta la zona tra Malpensa e Busto Arsizio.
Rosa Lanza, prima di rispondere alle domande del pubblico ministero, ha voluto fare una sua dichiarazione molto toccante alla quale Livio Grandis, legale della famiglia, non si è opposto: «Io e mio marito combattiamo contro la piaga della tossicodipendenza di mio figlio da 12 anni – ha detto subito – se noi abbiamo fallito come famiglia voglio dire che subito dopo di noi ha fallito lo Stato. E’ inutile perseguire gli spacciatori se si definisce "legale" il consumo di droga». Madre coraggio non si è fermata a questa affermazione, proprio lei che aveva denunciato e mandato in prigione il proprio figlio per estorsione: «I consumatori di droga vanno perseguiti come gli spacciatori e vanno costretti a seguire un percorso di recupero – ha proseguito – vanno costretti perchè non sono in grado, quando hanno il problema della dipendenza, di scegliere la cosa migliore per sè».
La presidente del collegio giudicante Piera Bossi l’ha lasciata parlare, senza interromperla, e la donna non ha smesso fino a quando non ha concluso il suo discorso: «Io ho affrontato Michele Ranieri sotto casa mia e l’ho denunciato – ha detto ancora – veniva a chiederci soldi per un fantomatico prestito che avrebbe concesso a mio figlio ma io sapevo benissimo da dove arrivava quel debito. Mio marito mi ha fermato perchè gli avrei messo le mani addosso e lui, per tutta risposta, mi ha sfasciato le due auto». In tutto la signora Lanza ha dato 3500 euro a Ranieri per coprire i debiti di droga del figlio.
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