I luppoli sono storia antica

Carlsberg Italia ha mantenuto la produzione italiana nel paese dove Angelo Poretti fondò la popolare birra nel 1877

Dal 141tour a Induno Olona

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“Noi – racconta Laura Marchini, responsabile della comunicazione di Carlsberg Italia – abbiamo una storia vera da raccontare con Angelo Poretti e il suo splendido stabilimento. Il primo rilancio è del 2007 poi nel 2011 è partita la piattaforma dei luppoli. Da qui abbiamo sviluppato i nuovi prodotti dai tre luppoli della Splugen fino ai sei delle Bock e poi la sette luppoli stagionale”.

 
La Storia Di Angelo Poretti inizia nel 1877 quando "ci siamo presi la nostra prima cotta. Il 26 dicembre 1877 in Valganna vide la luce la prima "cotta" del Birrificio Angelo Poretti. È in quel momento che è iniziata la nostra storia. Una storia che dura da più di 130 anni. Angelo Poretti partì giovane da Varese. Girò l’Europa e scoprì la birra, che divenne l’ispirazione del suo sogno più importante: diffonderla in Italia reinterpretarla alla luce del gusto della nostra gente Austria, Boemia, Baviera: Angelo Poretti conobbe là i migliori mastri birrai, ne apprese le ricette e i segreti del mestiere. Tornato in Italia investì i risparmi di tutta una vita nella costruzione del suo birrificio in Valganna, scelta per l’acqua purissima delle sue fonti, indispensabile per una vera birra di qualità".
 
Oggi la birra Poretti è un mix tra nuovo e antico, ma anche tra locale e globale. In Italia lavorano 320 persone, 70 a Induno, ma in tutto il mondo sono oltre 40mila. Un centinaio di stabilimenti, 150 mercati e oltre 500 marchi. La Carlsberg e la Poretti con lei sono un vero esempio glocal, dove si cerca di valorizzare la storia locale dentro un’azienda che parla sempre più russo e cinese, dopo l’ingresso di questi due paesi nella corporation
 
Bottiglie, lattine e fusti sono i tre prodotti dell’azienda, ma l’innovazione più forte la si ha proprio nella tecnica della spillatura della birra. Grazie all’innovativa tecnologia, la birra non è più contenuta nei tradizionali fusti di acciaio, ma in fusti a perdere in PET da 20 litri (riciclabili con la normale raccolta differenziata), possibilità che permette di servire la birra senza aggiunta di anidride carbonica. In tal modo si ottiene un prodotto di qualità che mantiene più a lungo le caratteristiche organolettiche (a fusto chiuso 9 mesi contro i 6 mesi del fusto in acciaio) con una vita media più lunga del fusto una volta attaccato all’impianto (31 giorni contro 4), e con un minor impatto ambientale.
Il sistema dei fusti a perdere comporta, infatti, una drastica riduzione dei trasporti su gomma, consentendo di evitare il viaggio di ritorno necessario a recuperare i fusti in acciaio vuoti da trattare per essere riutilizzati, con un minor impatto sulla logistica. Inoltre, la dimensione del fusto consente di ottimizzare il carico dei mezzi che consegnano la birra, con un conseguente aumento degli ettolitri trasportati per ogni viaggio. 

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 29 Giugno 2013
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