Metodo lean, cambiare mentalità per essere più competitivi

Oltre duecento imprenditori, provenienti per lo più dal nord e centro Italia, si sono dati appuntamento all'università Liuc per ascoltare la lezione di Mike Rother, il “guru” mondiale della filosofia della Lean production

Oltre duecento imprenditori, provenienti per lo più dal nord e centro Italia, si sono dati appuntamento all’università Liuc di Castellanza per ascoltare la lezione – tutta in inglese – di Mike Rother, il “guru” mondiale della filosofia della Lean production, nata nell’industria automobilistica giapponese e diventata ormai un faro per le grandi imprese italiane (in provincia sono noti i casi di BTicino, Aermacchi, Whirlpool e Agusta Westland per citare le più famose). L’iniziativa dell’ateneo di Castellanza, che fa partedel progetto “Lean Thinking” promosso dal  Club dei 15, raggruppamento delle associazioni industriali territoriali del Sistema Confindustria dove più alta è la vocazione manifatturiera dell’economia locale (Ancona, Biella, Belluno, Bergamo, Brescia, Como, Lecco, Mantova, Modena, Monza-Brianza, Novara, Pordenone, Prato, Reggio Emilia, Treviso, Varese, Vicenza), ha lo scopo di contaminare con questo metodo anche la piccola e media impresa.
Mike Rother non ha deluso le aspettattive, tenendo una lezione stimolante sia nella forma che nei contenuti. «L’efficienza non puo’ essere uno spot – ha detto il componente del Lean Enterprise Institute, dell’Industrial Technology Institute della University of Michigan – ma una continua progressione verso l’obiettivo che è migliorare la qualità, i costi e i tempi della produzione».  
Nella quotidianità bisogna trovare il tempo per innovare le proprie abitudini perché l’aumento della competitività delle imprese attraverso la lean production passa soprattutto «da un cambio radicale di mentalità». 

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Mike Rother il guru della “produzione snella” alla Liuc 4 di 7
In questa continua ricerca, però, non c’è una soluzione unica e soprattutto bisogna fare i conti con la nostra resistenza al cambiamento che si manifesta anche con alcune posture che indicano con chiarezza la nostra chiusura di fronte a ciò che non conosciamo e che stravolge le abitudini. «Nel cercare un modo diverso di gestire – ha detto Rother – ci possono essere solo 3 cose che possiamo sapere con certezza: dove siamo, dove vogliamo arrivare e con quali mezzi attraversiamo il  territorio che c’è tra la partenza e l’arrivo».
Rother nelle sue slide scomoda le neuroscienze e le potenzialità inespresse del nostro cervello, ma perché tutto funzioni, secondo la filosofia Lean, occorre coinvolgere e condividere tutti gli attori del cambiamento. «Quando i risultati di un esperimento sono quelli che ci attendavamo – ha speigato lo studioso americano-  siamo di fronte ad una conferma. Però quando sono completamente diversi, allora è quello il momento in cui stiamo imparando qualcosa». In questo passaggio fondamentale, dove pensiero e azione vanno all’unisono, è centrale il ruolo giocato dai maestri o  «middle Managers»
Le potenzialità di una piccola rivoluzione industriale strisciante in grado di coinvolgere anche le Pmi ci sono tutte. Soprattutto nei territori a più alta vocazione manifatturiera. Ne è convinto il 
Coordinatore del Club dei 15, Alberto Ribolla: «Le associazioni territoriali che compongono il Club dei 15 dispongono, sul tema della Lean Production, di un patrimonio di conoscenze e di esperienza in grado di generare un fenomeno di osmosi imprenditoriale basata su cinque linee d’azione: rilanciare con forza la “Lean Production” sul territorio nazionale; esaltare, valorizzandole, le iniziative territoriali esistenti; realizzare nuove iniziative in forma aggregata; promuovere l’applicazione della Lean Production nelle Pmi; ottenere economie di scala con conseguenti riduzioni dei costi nei nostri sistemi produttivi. Insomma nessuno più del Club dei 15 che, con i suoi territori, rappresenta l’eccellenza del sistema manifatturiero del Paese, può trovare al proprio interno le risorse e le competenze per diffondere la lean production». 
È anche così che si fa cultura di impresa: studiando, analizzando e condividendo case history aziendali di successo per elevarle a sistema. Ciò che fa, ad esempio, il Lean Club dell’Università LIUC, che conta  54 aziende associate e guidato dal professor Tommaso Rossi: «Dal marzo 2011 ad oggi, tra le varie iniziative, il Lean Club ha condotto 21 lean assessment, 25 seminari ed eventi kaizen, 364 ore di formazione, 1 seminario per il distretto della meccanica varesina, 1 seminario per il distretto della plastica della provincia di Varese, 2 giornate di studio per il Distretto Aerospaziale Lombardo, 1 viaggio studio negli Stati Uniti in collaborazione con il Lean Advancement Initiative del Massachusetts Istitute Technology di Boston e un altro viaggio di studio del Giappone».

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Pubblicato il 03 Giugno 2013
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