Giorgio Rocca in cattedra all’istituto Fermi

Un docente racconta l'insolita lezione che si è svolta all'istituto. Il pluricampione di sci ha raccontato la sua vita, fatta di soddisfazioni ma anche di impegno e rinunce

Sono allori limpidi quelli di Giorgio Rocca. Tre volte bronzo iridato, 22 podi in World Cup e 
vincitore della Coppa di slalom nel 2006. Nel 2011 ha fondato la Ski Academy che porta il suo nome.
Successi, ottenuti con il lavoro, il sacrificio, le rinunce. Un volere a tutti i costi, concepito nel 
segno della passione. Una forza che non nasce a caso, ma matura e cresce con l’obiettivo di 
andare oltre e trascendere.
 
Tipo energico, con una forte voglia di mostrare le orme che lo hanno portato al successo, 
Giorgio Rocca ha voluto così raccontarsi agli studenti dell’Istituto Fermi e della Scuola Media San Giulio, nella sua esperienza di uomo e di atleta. Tanti gli studenti che hanno voluto 
partecipare all’incontro, molti dei quali non hanno non potuto immedesimarsi nell’atleta e nel 
suo racconto.
 
Lo ha fatto con una lingua priva di misture retoriche, con un sapore giovanile, disegnando 
il suo profilo con molta schiettezza, facendo capire quali sono gli ingredienti necessari 
che portano sul podio. Così il suo racconto ha puntato diritto verso le tante le vittorie, ma 
anche verso le tante sconfitte. Soffermandosi sui bivi esistenziali in cui un atleta, stordito 
dalle acclamazioni, scopre ad un certo punto i propri limiti, riparte, li sfida con consapevole 
coraggio e ricomincia con una nuova scommessa: quella di andare oltre l’usale. Tornano 
così le vittorie, perché figlie di lunghe giornate di allenamento, sostenuto solo da chi sente 
profondamente vivo quel “furor” che ti porta a raggiungere quello che vuoi ottenere. 
 
Ne è valsa la pena ascoltarlo. Vederlo dinanzi ai visi degli studenti e dei ragazzini che al mondo 
ora si affacciano con innocente curiosità. Sentirlo, nel pronunciare una nomenclatura che 
richiama sempre lo stesso contenuto: passione, sacrificio , speranza, fortuna e per ultimo 
talento, bravura. 
 
Così nell’immaginario studentesco, di chi è abituato oggi a vedere nel tubo catodico, immagini 
che sorridono e basta, per una volta, gli studenti, Hanno potuto notare come dietro quel podio, 
esista un mondo pieno di sacrificio, duro lavoro, una gavetta. Già, la gavetta! Uno stile di vita 
che abbiamo abbandonato, anzi, abbiamo trasformato quel metaforico “sudore della fronte” 
in un’etichetta da sfigati. Lo sappiamo: la via più corta esercita sempre un certo fascino. 
L’importante è esserne consapevoli.
Un bel esempio quello di Giorgio Rocca, su cui costruire modelli di riconoscimento, modelli 
sani, perchè partono dal basso e lentamente tendono a salire.
 
Credo sia proprio un errore consegnare la vita ai giovani senza nessun criterio di 
consapevolezza del sapere che dispongono. Malediranno noi, quando si accorgeranno che quel 
sapere non è all’altezza verso delle mete cui tendono. Forse sarebbe meglio farli inciampare in 
quella palestra che è la scuola piuttosto che scaraventarli a fari spenti nella vita. Perché si sa, 
bisogna puntare verso il cielo per salire sulla cima di un pioppo. Chi si accontenta di salire su 
di un tavolo, ahimè! Si siederà su uno sgabello.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 25 Novembre 2013
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