"Dobbiamo ritrovare la saggezza della lumaca. Un simbolo che ci insegna a vivere meglio in sintonia con la natura". Serge Latouche, con la sua teoria sulla decrescita ha incantato una platea attentissima nella sala Napoleonica di Villa Ponti. Giovani studenti, “militanti” ecologisti, professori e tante persone curiose delle teorie del sociologo ed economista francese hanno partecipato all’iniziativa organizzata da Kiwanis, la più grande organizzaIone mondiale per l’infanzia. Il presidente Alfonso Carollo ha presentato l’evento dal tema “La decrescita, una sfida per il futuro”.
"Lo abbiamo proposto perché crediamo nella felicità delle persone e nel buon uso del tempo. In un momento così complesso è utile scoprire le provocazioni come quelle portate da Serge Latouche". Con
Kiwanis Varese hanno promosso l’iniziativa l’Ordine dei consulenti del lavoro, l’Università dell’Insubria.
"L’economia è un elemento condizionante della nostra vita. Ormai ogni media le dedica ampi spazi e non è sempre stato così. – racconta Matteo Rocca del dipartimento economia dell’Università. – È un piacere ascoltare Latouche anche per capire come decolonizzare le nostri menti da un immaginario collettivo legato solo all’economia".
Giuseppe Armocida ha poi introdotto il sociologo con un excursus storico del nostro territorio.
"La decrescita è uno slogan che non va preso alla lettera. – Ha esordito Latouche – Nella natura le cose crescono, ma non all’infinito, perché non è possibile. Questo tema nasce per contrastare un altro slogan come quello dello sviluppo sostenibile. La crescita del trentennio d’oro non è più possibile, è morta come alcune stelle che continuano a far vedere la propria luce. La crescita finisce negli anni Settanta e quello che vendiamo è una crescita finta, fittizia, data solo dalla speculazione finanziaria. Noi dobbiamo pensare a una società diversa. Dobbiamo uscire dalla società dei consumi e vivere un’abbondanza frugale. Quella che viviamo è una realtà di frustrazione perché è funzionale ai consumi. Noi dobbiamo riscoprire il senso del limite. La crescita infinita è una assurdità e questo lo capirebbe anche un bambino di cinque anni. Viviamo in un mondo finito e di questo dobbiamo tener conto”.
Lautoche ha una tesi molto precisa sulle attuali condizioni delle società.
“L’economia è diventata la religione dominante. L’essenza di questo sistema è basato sull’illimitatezza dei prodotti, dei consumi e dei rifiuti e da qui dell’inquinamento. La pubblicità è funzionale a questo sistema. Un altro aspetto da considerare è il credito che viene concesso anche a chi non può disporre delle risorse. La terza molla è l’obsolescenza programmata che prevede una vita limitata degli oggetti. Il risultato di questo nostro modo di vivere è insostenibile. La terra ha 55 miliardi di ettari di cui solo 12 sono bio produttivi. La nostra impronta ecologica può agire in meno di due ettari di terra altrimenti non è sostenibile. Oggi metà dei paesi superano questa soglia. I primi sono gli Emirati Arabi Uniti, seguiti dagli Stati Uniti e anche l’Italia consuma per una quota che richiederebbe cinque volte l’energia mondiale. Già nel 1972 si chiedeva di mettere fine alla crescita. Se non mettiamo limiti il mondo potrebbe implodere tra il 2030-50 e solo pochi sopravviveranno”.
Una tesi che trova il sostegno nelle più recenti ricerche a livello mondiale e di cui aveva parlato anche
il teologo Leonardo Boff in un incontro ad Ascona qualche mese fa.
“La crescita – ha continuato Latouche – richiede compensazioni perché si mantenga la qualità della vita. Questo necessita di maggiore spesa. L’indice della felicità non ha un solo indicatore come il Pil. L’impronta ecologica, l’indice della durata della vita e la percezione della felicità sono gli elementi per un diverso calcolo”.
La limitatezza del tempo non ha permesso di entrare nei dettagli delle teorie di Lautoche, ma l’economista ha parlato anche delle azioni concrete da mettere in atto per una società più giusta e serena.
“La decrescita non è una alternativa ma la piattaforma per un cambiamento. Liberati dal dominio dell’economia si ritrova l’individualità, la differenza come elemento per vivere bene. Dobbiamo rivalutare il rapporto con la natura, riconcettualizzare, ristrutturare, rifocalizzare, ridistribuire, ridurre, riutilizzare e riciclare. Il programma politico per la decrescita richiede di recuperare l’impronta ecologica non riducendo i consumi ma evitando lo spreco di energie come quelle per trasportare merci per migliaia di chilometri. Ridurre i trasporti e quindi non dar seguito a progetti come la Tav. Va modificata l’idea della produttività se questa non garantisce il vero star bene. Va stimolata la produzione di beni relazionali. Ridurre lo spreco di energia. Penalizzare le spese pubblicitarie. Decretare una moratoria sull’innovazione tecnologica. Riappropriarsi della moneta. La decrescita è un progetto per distruggere una situazione infernale che lega la crescita alla distruzione del pianeta. Dobbiamo demondializzare e devono circolare le idee e non le merci e i capitali”.
Da qui altre proposte legate allo sfruttamento della terra. “Dobbiamo fare un piano di riconversione energetica. L’era dell’auto individuale è finita. Il terzo punto riguarda il lavoro. Se questo è scarso occorre lavorare meno per lavorare tutti. Questo anche per vivere meglio e ritrovare il senso della vita contemplativa. Nel XVI secolo già si parlava di questo come elemento del buon governo. Noi invece siamo diventati tossicodipendenti del lavoro”.
Latouche ha concluso il suo intervento con alcune forti suggestioni legate ai simboli. “Dobbiamo ritrovare la saggezza della lumaca che costruisce la sua casa obbedendo alla geometria dello spazio. Lei ci da la lezione su come ritrovare il senso della misura".
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