La fattoria degli ebrei, cancellata dalla storia

Una lettrice ci invia una pagina della Stampa del 1938 che descrive la vita nella "Cascina Piana", tenuta agricola di Lentate dove visse anche Gianni Rodari

cascina piana lentateNella tenuta della "Cascina Piana", alla fine degli anni Trenta, venivano allevati anche i pavoni. I pollai erano puliti e le stalle erano rivestite in maiolica. La vita in questa fattoria era decisamente diversa rispetto alle altre strutture del luogo. Gestita da un gruppo di famiglie ebree, fuggite dalla Germania nazista, era un’azienda sviluppata e moderna. Vi lavoravano decine di persone, compresi molti braccianti italiani che provenivano dai comuni circostanti ma perfino da più lontano, da Bergamo e da Padova.

Tutto questo finì improvvisamente e per sempre in un solo anno, il 1939. Con l’entrata in vigore delle leggi razziali, i proprietari furono costretti a vendere e a fuggire in un luogo più sicuro abbandonando l’Italia, la tenuta e l’attività che con impegno e fatica avevano avviato.
Ciò che oggi conosciamo del passato di quella fattoria, dove visse per sei mesi anche Gianni Rodari, si deve ai ricordi dello scrittore e anche alle cronache dell’epoca. La nostra lettrice, Luisa Chierichetti, tra le carte di sua nonna Gina Bonenti Mira d’Ercole, intellettuale antifascista e poetessa sestese, ha trovato un articolo dedicato alla Cascina Piana pubblicato dal quotidiano La Stampa, datato 1 settembre 1938. È soltanto una puntata di una più articolata "Inchiesta sugli ebrei stranieri", il cui tenore è chiaramente ispirato alla propaganda del periodo fascista. L’autore parla di una "tenuta di Lisanza" ma il riferimento è all’azienda di Lentate dove il cronista si reca e incontra Frida, giovane contadina che lavora nella tenuta. 

lentate lisanza la stampaL’articolo della Stampa del 1 settembre 1938

Il giornalista, oltre a descrivere il funzionamento dell’azienda e la sua produttività, «un reddito del 18,25 per cento», «una percentuale che non è forse mai stata conseguita da alcun agricoltore» ci rivela che quel luogo fu anche un punto di transito o di rifugio per altri ebrei. La proprietà apparteneva a tre famiglie (Rodari lavorò per i Sauer) con «un medico, un industriale, un possessore di titoli di rendita». «Quando vennero in Italia, puntarono decisamente sul lago Maggiore; e puntarono su questa riva: e il fatto che il piccolo paese di Angera conta da solo ben undici ebrei stanziali può voler dire qualcosa». 
Dell’esperienza di Rodari a Lentate, ci ricorda un altro nostro lettore, Ambrogio Vaghi, lo scrittore accennerà anche nella sua autobiografia resa alla Direzione del PCI ed ora nell’archivio dell’Istituo Gramsci. Ne scriverà, ancora, negli anni successivi nella sua "Grammatica della Fantasia". 

Leggi anche – I piccoli alunni di Rodari, fuggiti dai nazisti e dalle leggi razziali

Redazione VareseNews
redazione@varesenews.it

Noi della redazione di VareseNews crediamo che una buona informazione contribuisca a migliorare la vita di tutti. Ogni giorno lavoriamo cercando di stimolare curiosità e spirito critico.

Pubblicato il 26 Gennaio 2014
Leggi i commenti

Commenti

L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di VareseNews.it, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.

Segnala Errore

Vuoi leggere VareseNews senza pubblicità?
Diventa un nostro sostenitore!



Sostienici!


Oppure disabilita l'Adblock per continuare a leggere le nostre notizie.