Da Glocalnews al Festival di Locarno
Alessandra Forte è stata una delle vincitrici del concorso del nostro concorso di giornalismo che si tiene a novembre nell'ambito del festival digitale. Ecco la sua prima recensione: si tratta del film "La Sapienza" di Eugene Green
Pubblichiamo la recensione del Film "La sapienza" in concorso al Festival di Locarno 2014, realizzata da Alessandra Forte, vincitrice, con il team Burnews del primo premio all’edizione di Bloglab 2013, la competizione per studenti all’interno del nostro festival di giornalismo digitale, GlocalNews. La sfida tra studenti a colpi di "prove di giornalismo", è prevista anche per GlocalNews 2014, edizione che si terrà il prossimo novembre.
«Alla mia età, ogni ricordo è doloroso. Per la distanza tra passato e presente.»
«Non c’è distanza. Se si guardasse indietro, vedrebbe che il suo passato è qui, adesso.»
Uno scambio di battute estrapolato dal film “La Sapienza” non è nemmeno sufficiente a tratteggiare un’idea approssimativa della potenza espressiva e contenutistica dell’opera.
In concorso al 67° Festival del film di Locarno, la pellicola italo-francese ha suscitato svariate critiche già alla prima proiezione, avvenuta l’8 agosto presso l’auditorium Fevi. Il regista Eugène Green è abituato alle reazioni forti, e anzi sembra provare gusto nel provocare lo spettatore con il suo stile cinematografico unico e fuori dal comune. Lanciatosi nel mondo del cinema intorno all’età di cinquant’anni, la particolarità più evidente della sua scelta comunicativa si manifesta nel fatto che gli attori recitino guardando in macchina. È uno schiaffo ai precetti sacri dell’accademia, e questo Eugène lo sa bene.
«Per me il cinema è un modo, nella nostra epoca, di dare nuova vita alla cultura europea che altrimenti morirebbe», spiega brevemente il regista. E in particolare guardando il suo ultimo capolavoro è possibile rendersi conto della complessità di tale affermazione. “La Sapienza” si serve di incontri predestinati, quello fra l’architetto di successo Alexandre Schmid (interpretato da Fabrizio Rongione) e il neodiplomato Goffredo (ruolo affidato ad un promettente Ludovico Succio), e quello fra la moglie di Alexandre, Aliénor (l’affascinante attrice francese Christelle Prot) e la sorella di Goffredo, Lavinia (nei panni della quale ritroviamo la giovane Arianna Nastro de “La Solitudine dei Numeri Primi”) per dichiarare amore autentico all’architettura.
Ciò si traduce negli sguardi calamitanti dei quattro protagonisti, che feriscono lo schermo e si impiantano nell’anima dello spettatore, nelle battute recitate con icastica precisione, nelle inquadrature che accarezzano dolcemente ora il bianco luminoso della facciata di Sant’Ivo alla Sapienza, ora la geometria della Chiesa di San Lorenzo a Torino (coordinate dall’abile direttore alla fotografia Raphaël O’Byrne).
Il film esprime per immagini il ricchissimo patrimonio culturale del regista, in una travolgente sovrapposizione di tematiche a tratti misteriose e rivelatrici. Sotto alla maschera di “omaggio artistico dedicato al maestro dell’architettura barocca, Francesco Borromini”, si annidano pensieri intimi, segreti, tra i quali uno sguardo esterno prova quasi vergogna ad insinuarsi.
Riguardo la scelta del Barocco, Green ha commentato: «Per me è soprattutto un modo di trovare nel passato una risposta alle domande essenziali della vita presente. Penso che nell’epoca barocca l’uomo potesse vivere una sorta di ossimoro, avendo allo stesso tempo una vita spirituale e affacciata sulla modernità. Nell’epoca successiva invece, razionalità e spiritualità sono entrate in conflitto». Questo conflitto, che trasfigura l’epoca nostra contemporanea, viene visto da Eugène come punto di rigenerazione, come ricerca di risposte attraverso gli apparentemente funesti fantasmi dei protagonisti.
Un ondeggiamento commovente tra presente e passato, tra luce e spazi aperti, tra romanticismo ed ironia. Una coraggiosa confessione di quelle frasi incapaci di comunicare, contro a quegli sguardi in grado di dire tutte le parole mai pronunciate.
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