Il Jobs Act richiede un cambio culturale
Pierangelo Albini, direttore Area lavoro e welfare Confindustria, il senatore e giuslavorista Pietro Ichino e Gigi Petteni, segretario regionale della Cisl, hanno fatto un primo bilancio della riforma del lavoro

«Lo dico ai compagni della Cgil: contano più gli investimenti stranieri che non le carte bollate del giudice». I compagni della Cgil, Umberto Colombo e Antonio Ciraci, Pietro Ichino ce li ha proprio davanti. Sono in prima fila nella Sala Napoleonica delle Ville Ponti e scuotono la testa. Non vogliono nemmeno sentir parlare di svolta culturale, cambio di paradigma e condivisione di responsabilità finché in ballo c’è l’eliminazione dell’articolo 18. Eppure tutto il dibattito della mattinata dedicato al primo bilancio e alle prospettive della riforma del mercato del lavoro, organizzato dall’Unione degli industriali di Varese, è ruotato intorno a questi concetti.
Gigi Petteni, segretario regionale della Cisl, Pierangelo Albini, direttore Area lavoro e welfare Confindustria, e il senatore e giuslavorista Pietro Ichino hanno dato vita a una discussione interessante perché condotta con grande schiettezza.
A dare il via la relazione di Giovanni Brugnoli. Il presidente di Univa ha ribadito che: «Non è interesse degli imprenditori chiedere mano libera nei licenziamenti. Un imprenditore non assume per licenziare e il diritto alle tutele non vuol dire diritto al posto ma alla riqualificazione».
«Lo sforzo del governo – ha aggiunto Albini – è rendere il contratto tempo indeterminato la regola, ribaltando l’approccio e redendo quel contratto interessante per lavoratori e imprese».
Petteni ha tirato una stoccata a Maurizio Landini, senza peraltro mai citarlo, parlando del «circo mediatico» e di chi «ignorava che la decontribuzione per chi assume a tempo indeterminato era in vigore dal 1 gennaio». Il sindacalista ha rivendicato anche un primato perché «alla Cisl sosteniamo le cose che vengono dette nel Jobs Act da dieci anni. E non è vero che il governo agisce sotto dettatura di Confindustria».
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