Il 7 di settembre chiuderanno sei sportelli postali in provincia

Continua il malumore fra gli amministratori locali, mentre i dibattito si muove anche a livello Regionale. I Cinquestelle: “Gravi disagi alla popolazione periferica”

Varie

La prima decade di settembre farà calare il sipario su sei uffici postali della provincia di Varese che rientrano nel piano di riorganizzazione voluto da Poste Italiane. Lo aveva annunciato tempo fa l’azienda, e gli amministratori locali continuano a denunciare i problemi che riguardano il servizio legato soprattutto alle piccole e a volte piccolissime realtà.

La data che circola in via ufficiosa è quella del 7 di settembre: a partire da questo giorno gli utenti troveranno chiusa la porta nelle filiali di Poste Italiane di Bolladello di Cairate, Brenno Useria (Arcisate), Corgeno (Vergiate), Lavena Ponte Tresa “1”, Schianno (Gazzada Schianno), Trevisago (Cocquio Trevisago, frazione di Caldana).

Proprio in quest’ultimo centro, Cocquio Trevisago, il vice sindaco Vittorio Griffini è deciso a non lasciare nulla di intentato per sottolineare quanto questa decisione sia dannosa per i residenti, molti dei quali anziani e senza possibilità di arrivare facilmente con mezzi pubblici negli altri uffici che pur trovandosi non lontano, rappresentano una meta quasi impossibile da raggiungere a piedi.

L’azienda, dal canto suo ha più volte sottolineato di operare in ottemperanza dei parametri contenuti in una delibera dell’Autorità Garante delle Comunicazioni di un anno fa dove sono contenuti tutti i criteri legati alla presenza degli uffici postali rispetto alla densità demografica e alle distanze in chilometri dai punti di accesso al servizio.

Insomma una diatriba che si gioca – o, verrebbe da dire, si è giocata, visto l’avvicinarsi della scadenza – sull’interpretazione delle norme.

Nel frattempo anche i livelli superiori della politica stanno creando di capire se esistono margini di manovra. L’ultimo a parlare in ordine di tempo è stato il vice presidente del consiglio regionale, il leghista Fabrizio Cecchetti che ha affermato di «continuare nella battaglia “perché 45 comunità di queste Regioni verranno private di un servizio pubblico e tutto ciò creerà disagi alle popolazione più fragile come anziani e pensionati. E questo non va bene».

«La Lombardia – ha aggiunto Cecchetti – merita più’ rispetto. Se oggi Poste fa utili lo deve al giro di affari che arriva anche da questa Regione e dal regime di monopolio grazie al quale ha potuto operare indisturbata in questi anni con i soldi dei cittadini. Gli stessi cittadini che ora ricevono uno schiaffo e vengono privati dei servizi più elementari».

Secondo il sottosegretario regionale Daniele Nava (NCD) intervenuto lo scorso 2 luglio in audizione davanti alle Commissioni congiunte Bilancio e Attività Produttive per fare il punto sulla trattativa con Poste Italiane «grazie all’azione di Regione Lombardia 15 sportelli sono stati salvati e altrettanti sono usciti dalla lista degli uffici soggetti alla razionalizzazione».

Una posizione che non è però piaciuta al Movimento Cinque Stelle: «Altro che ‘buon risultato’, come ha dichiarato il sottosegretario regionale. Molte zone periferiche, soprattutto quelle non servite dal trasporto pubblico, resteranno senza ufficio postale con gravi disagi per la popolazione. Gli uffici postali decentrati inoltre costituivano un presidio territoriale di servizi necessari ai cittadini. Da questo punto di vista la scelta di chiudere uffici da parte di un azienda da anni sul territorio, e quindi con un vantaggio competitivo, risulta quantomeno dubbia ed economicamente poco accorta sul lungo periodo», ha dichiarato Stefano Buffagni, consigliere regionale M5S Lombardia.

Andrea Camurani
andrea.camurani@varesenews.it

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Pubblicato il 09 Luglio 2015
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