Non fu infanticidio, 3 anni e 8 mesi alla donna che partorì nel water
Respinta la richiesta dell'accusa che aveva chiesto 16 anni per lei e per il compagno. Il Gup ha riqualificato il reato in omicidio colposo e procurato aborto

Tre anni e 8 mesi per aver partorito la bambina che portava in grembo nel water e averla fatta annegare (leggi la storia). La sentenza del giudice per l’udienza preliminare Giuseppe Limongelli non ha accolto la tesi del pm Francesca Parola che aveva chiesto la condanna a 16 anni di carcere per infanticidio per la 23enne albanese K.S. e per il compagno di 25 anni S.G. che è stato assolto. I due erano difesi dagli avvocati Antonio Battaglia e Michela Raimondi.
Il giudice ha riqualificato il reato in procurato aborto e omicidio colposo per la giovane che, alla lettura della sentenza, è scoppiata in lacrime per il sollievo di fronte al rischio di dover scontare una pena altissima. Il pubblico ministero ha già annunciato che farà appello dopo aver letto le motivazioni che saranno depositate entro 30 giorni.
La vicenda aveva scioccato l’intera comunità bustocca per come si è sviluppata. Dall’autopsia sul corpicino è emersa la certezza che la bimba è stata partorita alla trentesima settimana di gestazione, era viva e con una possibile aspettativa di vita, ma sarebbe morta per annegamento e forse anche per alcune lesioni craniche.
Le indagini avevano evidenziato che la ragazza avrebbe scoperto di essere in stato interessante, insieme al compagno, solo pochi giorni prima. Inoltre era emerso che la donna avrebbe assunto un farmaco che provoca forti contrazioni uterine tali da provocare il parto prematuro.
La sentenza è stata letta alla presenza del pm all’ottavo mese di gravidanza e ad una settimana dall’inizio della maternità e della legale della coppia anche lei incinta all’ottavo mese. Una coincidenza che, si spera, faccia riflettere i due imputati.
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