Mastromarino: “Il voto va rispettato, ma l’economia va in un’altra direzione”
Il sindaco di Lavena Ponte Tresa è anche presidente dell'Associazione italiana comuni di frontiera: "No alle discriminazioni, ma sono più forti le spinte a cooperare"

“L’esito del referendum va rispettato, ma sono più forti le spinte a cooperare”. Massimo Mastromarino, sindaco di Lavena Ponte Tresa e presidente dell’Associazione dei Comuni di Frontiera commenta così il voto di ieri in Canton Ticino.
“Noi siamo con i frontalieri – dice – Sono convinto che il voto popolare vada sempre rispettato e ascoltato, ma il mondo va da un’altra parte e la situazione dell’economia ticinese e del mercato del lavoro dicono in modo inequivocabile che i lavoratori italiani sono ormai strutturali nell’economia transfrontaliera”.
Volontà popolare e dati economici che vanno in due direzioni diverse: un voto di pancia? “Sicuramente questo referendum è un voto “di pancia” – risponde Mastromarino – ma evidenzia un disagio reale, delle richieste che sono sentite dai cittadini svizzeri, e dunque va preso in considerazione e vanno fatte tutte le riflessioni del caso. Nonostante questo i dati economici sono diversi, ed inequivocabili. I frontalieri sono inseriti in modo strutturale nell’economia del Canton Ticino”.
L’Associazione dei Comuni di frontiera prenderà iniziative su questo voto? “Ne parleremo sicuramente. Il Governo italiano ha detto in più occasioni che gli accordi fiscali tra Italia e Svizzera potrebbero rallentare se ci fossero proposte o provvedimenti discriminatori nei confronti dei frontalieri. In questo referendum io vedo una volontà formalmente discriminatoria nei confronti dei nostri lavoratori. E questo non è accettabile”.
Il referendum si è svolto a 48 ore dalla Giornata Europea della Cooperazione, che si è celebrata a Porto Ceresio. Messaggi che vanno in direzioni opposte o diversi piani di lettura del rapporto di vicinato? “Sono convinto che la cooperazione con la Svizzera non si fermerà. Si dovrà tenere conto del malessere espresso dal referendum, ma sono molto più forti le spinte alla collaborazione e al confronto. I territori di frontiera devono continuare a cooperare, perché è l’unica strada per risolvere i problemi e crescere insieme”.
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