“Non rispetta la legge sul mercato”, ricorso contro la Lia

La commissione svizzera sulla concorrenza ritiene che la legge ticinese sulle imprese artigiane non garantirebbe un accesso al mercato "semplice, rapido e gratuito"

Lavena Ponte Tresa Dogana

L’applicazione della Lia, la legge ticinese sulle imprese artigiane attive in Ticino (leggi perché riguarda anche il Varesotto in questi articoli), dovrà fare i conti con un nuovo ricorso, questa volta presentato della Commissione svizzera della concorrenza (Comco). In particolare sono contestate due decisioni prese nel rispetto di questa normativa che limiterebbero “l’accesso al mercato di imprese extracantonali” e violerebbero pertanto “la legge federale sul mercato interno (LMI)”.

Cosa prevede la Lia – La legge ticinese sulle imprese artigianali, entrata in vigore il 1° febbraio 2016, impone alle imprese artigianali attive in Ticino ad iscriversi entro il 1° ottobre 2016 ad un albo professionale (http://www.albo-lia.ch). L’iscrizione all’albo dipende da tutta una serie di condizioni. Il dirigente dell’impresa deve disporre di determinate qualifiche professionali e di una sufficiente esperienza professionale, partecipare alle attività dell’impresa con una presenza di almeno il 50 per cento e non aver subito condanne penale contrarie alla dignità professionale. Inoltre, la domanda d’iscrizione all’albo è accettata unicamente se negli ultimi cinque anni il dirigente dell’impresa non ha subito dichiarazioni di fallimento e non è stato gravato da attestati di carenza beni. L’iscrizione all’albo è soggetta ad una prima tassa d’iscrizione e a tasse annuali per l’aggiornamento.

Le ragioni alla base del ricorso – La COMCO è competente per sorvegliare il rispetto della legge federale sul mercato interno (LMI) e può interporre ricorso per far accertare se una decisione limita in modo inammissibile l’accesso al mercato. La LMI garantisce l’accesso libero e non discriminato al mercato a livello intercantonale e prevede che le domande di autorizzazione presentate da imprese extracantonali devono essere evase sulla base di una procedura semplice, rapida e gratuita.

«Le autorità competenti ticinesi – si legge nella nota diffusa oggi dalla Commissione – hanno preso una decisione sulle domande di autorizzazione formulate da parte di imprese extracantonali solamente in ottobre 2016 e questo senza applicare la LMI. La COMCO è dell’opinione che l’obbligo d’iscriversi all’albo, le condizioni d’iscrizione e le tasse imposte non sono conformi alla LMI. Inoltre, l’accesso al mercato secondo la LIA non avviene in base ad una procedura semplice, rapida e gratuita. Per questi motivi, la COMCO ha deciso di ricorrere contro due di queste decisioni e di sottoporre la questione ad un esame giudiziario. I ricorsi della COMCO saranno esaminati dal Tribunale cantonale amministrativo ticinese; un ricorso può in seguito essere interposto dinanzi al Tribunale federale”. “La LIA – prosegue la Commissione –  dovrebbe tra le altre cose impedire il dumping salariale e il lavoro in nero legato all’attività di imprese con sede nella vicina Italia. Secondo la legislazione vigente in materia di lavoratori distaccati, le imprese italiane che nel quadro degli Accordi bilaterali eseguono dei lavori nel Cantone Ticino sono tenute a rispettare le disposizioni svizzere in materia di lavoro e di sicurezza sociale. La COMCO riconosce gli interessi legittimi del Cantone Ticino nell’imporre il rispetto di queste prescrizioni nei confronti delle imprese italiane. Le imprese con sede nell’UE sono tuttavia già tenute secondo le vigenti misure di accompagnamento, ad annunciare a tempo il distacco di lavoratori in Svizzera. I Cantoni hanno così la possibilità di controllare se le imprese straniere rispettano delle prescrizioni vigenti».

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Pubblicato il 22 Novembre 2016
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