I tempi della felicità

Gigi Campiotti ricorda il cognato Ettore Masina con un intreccio tra le vite personali e particolari pubblici della storia varesina

Avarie

Caro Direttore,

lasciami spazio perché anch’io possa unire la mia voce alla tua e ricordare il mio carissimo cognato e, prima ancora, fraterno amico Ettore Masina. Desidero ricordarlo negli anni della nostra prima conoscenza quando ancora non conoscevo sua sorella Marisa e poi, ancora, quando lui – il Signore lo benedica ora e sempre! – intuì comprese approvò condivise e difese il forte reciproco amore che nacque fra me e sua sorella legandoci per tutta la vita .

E lasciami anche cogliere l’occasione per ricordare e nominare almeno alcuni dei numerosi amici comuni Varesini, molti dei quali non vivono più con noi.

Avevo 18 anni e frequentavo la 1/A del Liceo Classico: con alcuni compagni (anche di 1/B) bisognosi di uno spazio che la Scuola non ci offriva trovammo un genitore intelligente che ci offri due piccoli ma comodi locali dove portammo un grammofono ed iniziammo le audizioni dei nostri più amati musicisti…Seguivano discussioni e critiche sconfinanti in altri e diversi argomenti impegnativi che ci indussero ben presto ad organizzare dei turni di tempo in cui ciascuno di noi avrebbe potuto intrattenere gli altri su un tema da lui stesso proposto su cui poi si sarebbe aperta la comune discussione.

Fu così che pomposamente ci chiamammo “ Convivium”. Ricordo alcuni temi: il Darwinismo, il “De Magistro” di Agostino, il Marxismo, Mozart o Beethoven?, Pascoli o Carducci?, la Democrazia.

Fu in uno di questi incontri, non ricordo quale, che partecipò e conobbi Ettore Masina. Era universitario ma credo che già ormai avesse scelto di dedicarsi totalmente al giornalismo; infatti lavorava alla <Azione Giovanile> il settimanale della GIAC di Milano di cui divenne poi Direttore credo fino a che Italo Pietra lo chiamò a “Il Giorno”. Scoprimmo subito gli interessi comuni che ci animavano e la nostra relazione sbocciò velocemente e crebbe in conoscenza e stima e affetto reciproco, nelle strade di Varese che univano fra loro le nostre case e queste con le stazioni dove prendevamo il treno per l’Università o per il Lavoro.

Un giorno mi disse che mi avrebbe fatto una proposta: fu alla Cattolica di Milano in un incontro dove mi aveva invitato con Giancarlo Brasca, Filippo Hazon e tale prof. Desio i quali tre costituivano la Centrale (la denominazione è mia) di GS (Sic! Gioventù Studentesca!) che si ispirava all’<Umanesimo Integrale> di J. Maritain “importato e tradotto” in Cattolica da Giuseppe Lazzati ed al <Personalismo> di Emmanuel Mounier, autori tra noi già abbastanza noti ed amati.

In sostanza mi proposero di impegnarmi a verificare la fattibilità a Varese di un gruppo di GS. E’ necessario chiarire che la GS di Don Giussani allora non esisteva ancora e che allorchè l’associazione fondata da Don Giussani  assunse il nome di GS <Gioventù Studentesca> e – in contemporanea con una lenta asfissia della GS della Cattolica-  iniziò il suo proselitismo nelle scuole nostrane subito apparve a tutti noi della prima GS quanta e quale distanza la separasse dal pensiero e soprattutto dalle prassi e dai metodi educativi dei nostri Maestri. (Io ignoro totalmente i tempi e le modalità di tale subentro o appropriazione di NOME, ma credo di non sbagliare a pensar male (G.A.!) dubitando che sia stata una transazione all’interno del c.d. potere clericale cioè tra pseudo-preti e pseudo-laici).

Nacque GS a Varese ed io ne fui il Presidente. Ai temi studiati e discussi in precedenza si aggiunsero numerosi approfondimenti sull’<Umanesimo Integrale>. GS ebbe un breve ma intenso momento di successo, tuttavia sproporzionatamente limitato ai maschi, tanto che qualcuno, non ricordo chi, propose che si cercasse una maggiore partecipazione di donne istituendo una sezione femminile.

Qui termina la prima parte del racconto che mi son proposto perché fu proprio in questo momento che io conobbi Marisa, brillante universitaria al 2° anno di Lettere, frequentatrice con il fratello Ettore della FUCI Varesina dove annoverava amiche e amici…

Una conferenza sulla Felicità tenuta in GS dalla mia compagna di Liceo Pinuccia Clerici terminò con la categorica affermazione che “la felicità può essere raggiunta solo in alcuni brevissimi momenti e quindi non può esistere come condizione o stato”. Io non approvai la conclusione e tutta la precedente argomentazione, limitandomi a chiedere per primo la parola ed -ottenutala- ad alzarmi ritto e dire: “Io sono felice”; e mi sedetti. Seguì un imbarazzato dibattito in cui non intervenni. Al termine della serata la relatrice Pinuccia mi disse che la Marisa Masina con la quale Lei, mi disse, si era consultata preparando la conferenza desiderava conoscermi. Così iniziò quel dialogo che ancora continua dopo 69 anni di cui 5 di fidanzamento e 64 di matrimonio.

Marisa fu unanimemente acclamata Presidente di GS Femminile e cosi si moltiplicarono le occasioni per conoscerci: frequentavo discretamente la sua casa  al centro del meraviglioso parco della allora Villa Sertori, attualmente Villa Valcavi, sede del Collegio De Filippi in via Marzorati; conobbi finalmente i suoi genitori  e l’altro fratello, Ernesto, per il quale Marisa ebbe sempre una speciale predilezione e che io ebbi modo di ben conoscere nella sua generosità per ogni necessità che dovesse scorgere in famiglia ed anche -ho in seguito constatato- per estranei alla famiglia. Si dedicò con esemplare delicatezza ad aiutare il padre, il T. Colonello Emilio Masina prima nel suo lavoro e successivamente nel quotidiano accompagnamento dello stesso durante la lenta e lunga riabilitazione seguita alla sua malattia; la madre, Anna Ronchi la vera e forte radice BrescianoCamuna di tutta la famiglia, figlia di Generale degli Alpini,  è stata mirabilmente immortalata con sua figlia Marisa da mio figlio Giacomo nel cortometraggio “Tre donne” prodotto da Ermanno Olmi per la Rai: la donna dall’amore esclusivo ed assoluto più forte della morte.
Ettore è stato il discreto pronubo del mio amore per Marisa, e felice è anche stato il nostro rapporto con la sua Clotilde. Quando venne a Varese, mi pare la prima volta con la fidanzata, era il maggio del 1953, andammo noi quattro a fare una piccola gita nei boschi di Velate e lui scattò la foto che ti allego, dove i miei occhi vedono tutta la speranza e l’augurio del suo grande cuore per un buon futuro della sua sorellina e del suo compagno.

E’ lo stesso cuore che a Varese hanno conosciuto il prof. Remigio Colombo, Don Camillo Giori l’assistente della Fuci, e tutto il gruppo: Renata Spinella, Pino Alberigo ed Angelina Nicora, Renzo Russi ed Annamaria Contri, Franco Aletti e Doruccia Villa, la copia Reggiori Pajetta, i fratelli Renzo Giandonato ed Emma Pajetta, Franco Bonacina, Monaldo Querci, Franco Morandi, Giorgio Meroni, i coniugi Volpi, Rino Pajetta, le sorelle Marocco, i fratelli Lazzari, la famiglia Massimino Montonati, i fratelli e le sorelle Golzi  …..e mi scuso per le involontarie e certamente numerose dimenticanze o imprecisioni non senza però ricordare anche don Costantino Oggioni un grande nostro comune amico le cui prediche domenicali alla messa delle 9 a S. Antonio della Motta ci hanno anticipato e preparato alle novità del Concilio Vaticano II….

Grazie comunque, nel ricordo della nostra recente e casualmente comune visita a Ettore a Roma.

Un fraterno abbraccio

gigi

 

 

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Pubblicato il 03 Luglio 2017
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