Quando il cuore si commuove, ci si muove

Il canto finale del pontificale, “Natività”, è stato eseguito da un coro costituito da alcuni immigrati ospiti di Agrisol, braccio operativo della Caritas di Como, alcuni detenuti del carcere di Opera e quarantadue coristi provenienti da Cuasso al Monte

immigrati apertura

Il giorno 8 dicembre alle 11.00, in occasione della solennità dell’Immacolata Concezione, l’arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini, ha presieduto in Duomo il pontificale (in diretta tv, radio e web). Il canto finale, “Natività”, è stato eseguito da un coro costituito da alcuni immigrati ospiti di Agrisol, braccio operativo della Caritas di Como, alcuni detenuti del carcere di Opera e quarantadue coristi provenienti da Cuasso al Monte.

L’iniziativa è nata dal progetto ambizioso di realizzare anche a Milano una “Missione Possibile”, (dal titolo della trasmissione di Tv2000 condotta da Max Laudadio e dedicata alle imprese di alcuni missionari nei luoghi più poveri del mondo): lo scopo è stato di portare a confronto con la realtà carceraria, senza pregiudizi, persone che non l’avevano mai incontrata, regalare un’esperienza di riscatto ai detenuti e fare un dono alla città di Milano.

All’inizio i dubbi sono stati tanti: i ragazzi avranno la voce? Saranno in grado di pronunciare bene il testo, dato che sono ancora ai primi passi nella lingua italiana? Avranno voglia di “abbandonare” il loro tempo libero per dedicarlo ad un coro? Un coro talmente complesso da essere battezzato “coro della missione possibile”, con un canto polifonico talmente difficile (per lo meno per noi profani) da scoraggiare chiunque sia alle prime armi? Problemi che, però, sono svaniti presto perché l’entusiasmo dei ragazzi aumentava sempre più, dimostrando passione e emozione di fronte a questa avventura bella ed educativa.

Per imparare e soprattutto affinare l’esecuzione del brano musicale scelto, i coristi hanno eseguito una serie di prove tenutesi tutte le domeniche. Sono state prove faticose per gli ospiti di Agrisol, data la loro poca conoscenza della lingua italiana, il dilettantismo nell’arte di cantare, la distanza del luogo ove provare e il dovere sacrificare la domenica, la loro giornata di riposo.

Le prove generali sono state fatte al Carcere di Opera. Durante il tragitto in pullman, i ragazzi canticchiavano e non vedevano l’ora di arrivare per provare con i detenuti, dando il loro contributo. Arrivati li aspettava una sorpresa davvero commovente: ventun ergastolani con la maestra del coro erano lì ad attenderli, schierati sul palcoscenico del teatro del carcere, pronti ad intonare un canto studiato apposta per loro, che si è concluso con un solenne “Benvenuti”, scandito a squarciagola, cosa da commuovere perfino le guardie carcerarie!
Ancora più toccante è stato quando questi ventun uomini, ad uno ad uno, hanno letto un pensiero scritto per i migranti. Erano pensieri talmente profondi da farli guardare tra loro e sussurrare: “Ma come possono queste persone essersi macchiate di reati così gravi?!”

Ebbene, sono proprio loro: sono i nostri pregiudizi che li deformano, invece loro sono solo “persone” con tutto il carico di vita che portano con sé e dentro di sé: davanti a loro dobbiamo solo muoverci con il cuore. Scambiando, inoltre, quattro chiacchiere durante la pausa dalle prove, abbiamo scoperto che Marino si è laureato in carcere in Sociologia (109/110), Claudio si è iscritto al corso di laurea in Marketing communication… Una cosa è chiara: dietro le sbarre c’è volontà di rinascita e di riscatto!

Si arriva al fatidico 8 dicembre, il grande giorno! I ragazzi sono entusiasti. Da sottolineare che l’esecuzione non è durata più di cinque minuti, dopo circa un mese di prove! Ma come, tutto qui? Eh sì, tutto qui! O forse no! Un bel canto polifonico che ha visto cantare assieme immigrati, ergastolani e coristi! Ma per cosa? Non tanto per allietare gli orecchi degli ascoltatori in Duomo, che con i loro applausi li hanno ricompensati di tanti sacrifici, quanto per compiere un bel gesto educativo non scontato oggigiorno.

Alla fine, la “ciliegina sulla torta”: i carcerati chiedono che lo stesso brano sia eseguito in carcere il giorno 18 dicembre durante il loro pranzo di Natale, davanti ai loro famigliari, mentre il parroco di Cuasso al Monte chiede altresì che il medesimo sia eseguito la notte di Natale nella sua parrocchia: che soddisfazione!

E gli applausi? Ai ragazzi non importano molto, interessa aver compiuto un gesto (e che gesto!): pure gli immigrati possono testimoniare la loro volontà di integrazione! Ora, è difficile valutare il grado di religiosità dei ragazzi, o la loro preparazione al canto, ma di una cosa si è certi ed è proprio vera: i ragazzi erano commossi e quando il cuore si commuove, ci si muove!

Georges Mavinga Banyangumuka

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 11 Dicembre 2017
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