Se manca l’erede in azienda ci pensa il private equity

Su un totale di 100 operazioni il 77% sono di buy out, cioè di acquisizione dei pacchetti di maggioranza del capitale delle aziende. Per le nuove generazioni preservare a qualsiasi costo la maggioranza proprietaria non è più una priorità

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In un Paese dove il 95% delle imprese sono familiari, il tema del passaggio generazionale è uno dei più sentiti e dibattuti all’interno della comunità degli imprenditori, sopratutto nei distretti industriali più maturi. Le nuove generazioni che entrano in azienda vivono una dinamica complessa: da una parte dovrebbero essere i portatori di una nuova cultura, quella digitale, in grado di segnare il cambio di passo dell’azienda, dall’altra garantire la continuità della tradizione replicando consolidati schemi di successione parentale. Spesso però capita che i senior, al momento di passare il testimone, non riescano a trovare una soluzione adeguata all’interno della famiglia per le ragioni più disparate. In alcuni casi non ci sono eredi da candidare, in altri, seppur presenti, non sono all’altezza del compito a cui vengono chiamati.

In queste situazioni una soluzione arriva anche dal private equity, che, attraverso operazioni in gergo definite di buy out, acquisisce pacchetti di maggioranza del capitale delle aziende prendendone così il controllo. Secondo il Rapporto Pem (private equity monitor) dell’università Liuc di Castellanza,  il 77% delle 100 operazioni concluse nel 2016 sono proprio di buy out, di queste il 70% riguarda imprese private e familiari. Le operazioni si concentrano nel comparto industriale (27%), nei beni di consumo (14%), nel settore alimentare (13%), nell’Ict (8%) e nel terziario (7%). Il 69% degli investimenti è indirizzato verso imprese che non superano un fatturato di 60 milioni di euro, mentre è in crescita la fascia di aziende con un fatturato tra i 31 e i 60 milioni di euro (21%). In cima alla classifica ci sono quattro regioni: Lombardia (39%), Veneto (14%), Piemonte (10%) ed Emilia Romagana (10%).

«Questo tipo di operazioni – spiega Francesco Bollazzi, docente della Liuc e componente del comitato scientifico del Pem – sono una risposta alla mancata successione imprenditoriale. In tutti questi casi subentra un team di manager con tutte le competenze necessarie a condurre e dare una visione all’impresa».

Una recente ricerca del Gruppo giovani imprenditori di Univa, realizzata in collaborazione con l’ateneo di Castellanza e curata da Rafaela Gjergji, Valentina Lazzarotti e Federico Visconti, evidenzia che le famiglie tendono a mantenere con continuità il controllo proprietario sull’azienda e a esercitare la propria influenza sulle decisioni strategiche. Ma quando il mantenimento della maggioranza azionaria diventa un ostacolo alla crescita, allora le opinioni delle due generazioni, junior e senior, divergono notevolmente. Per le nuove generazioni, a differenza dei loro padri, preservare a qualsiasi costo la maggioranza proprietaria non è più una priorità.

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Pubblicato il 20 Febbraio 2018
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