Marito e suoceri aguzzini, giovane madre salvata dai carabinieri
Da 10 anni subiva ogni genere di angherie dall'uomo (arrestato) che aveva sposato e dai suoi genitori (allontanati) che la tenevano in un stato di libertà limitata, la picchiavano e la insultavano

Per dieci anni ha sopportato in silenzio le angherie messe in atto dal marito e dai suoceri che la trattavano come una serva, anche davanti ai figli piccoli, fino a quando è riuscita a far uscire la sua storia di maltrattamenti dalle mure domestiche tra le quali era costretta, grazie all’aiuto di una terza persona, entrata in contatto con il nucleo familiare per motivi professionali.
I carabinieri della Compagnia di Busto Arsizio, ed in particolare i militari della stazione di Cassano Magnago, competenti per il luogo di residenza della vittima di questa vicenda (Cavaria con Premezzo), hanno potuto mettere fine alla tragica e grave situazione che andava avanti da almeno 10 anni, per una giovane donna albanese.
L’attività di indagine dei militari ha portato alla custodia in carcere nei confronti del marito (un 35enne, albanese, muratore), indagato per i reati di violenza sessuale e maltrattamenti in famiglia e l’allontanamento dalla casa familiare con divieto di avvicinamento alla parte offesa nei confronti di entrambi i suoceri della vittima (genitori conviventi del marito), un 68enne ed una 60enne, entrambi albanesi e pensionati.
Nel trascorso mese di aprile, infatti, la donna, grazie ad uno “stratagemma” i carabinieri, le operatrici di eva onlus e dei servizi sociali sono riusciti a raccogliere un primo racconto della donna.
Quello che è emerso dalle sue parole ha dell’incredibile. La donna veniva abitualmente gravemente insultata e denigrata dal marito e dai suoi genitori, anche davanti ai figli. Si è definitia impotente davanti ad offese anche nei confronti degli stessi minori, sovente sfociate in percosse agli stessi minori, anche da parte dei nonni, al solo scopo di incutere sofferenze alla madre.
La giovane madre è stata ridotta in condizione di sostanziale libertà limitata e costretta ad adempiere a tutte le faccende domestiche, che di fatto hanno determinato un rapporto domestica – padroni, comprensivo dell’obbligo di servirli a tavola durante i pasti.
Alla vittima era stata tolta anche qualsiasi disponibilità economica che la costringeva a chiedere denaro, anche pochi euro, al marito ed ai suoceri, per soddisfare le proprie esigenze personali. In qualche occasione lei ha provato a ribellarsi e difendere i propri figli dai maltrattamenti ma la risposta è stata violenta.
Numerose anche le violenze sessuali alle quali si è dovuta sottoporre, anche in presenza dei figli minori e anche mentre era convalsescente dopo alcuni interventi chirurgici. Alla donna veniva spesso tolto il telefono cellulare per evitare che potesse chiedere aiuto e veniva tenuta a bada attraverso le minacce di morte rivolte ai figli.
Non si contano, infine, gli atti di denigrazione a cui i nonni, costringevano i nipoti nei confronti della loro madre: in una circostanza avevano obbligato il figlio minore a gettare sassi contro la donna in segno di disprezzo.
I maltrattamenti avvenivano anche durante i periodi in cui la giovane donna era in stato di gravidanza (tanto da aver subito due ricoveri in tali circostanze per il rischio di interrompere la gravidanza medesima).
Doppia soddisfazione per il provvedimento, emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Busto Arsizio, che ha recepito integralmente l’esito dell’attività indagine svolta con enorme difficoltà dai carabinieri, con il fondamentale aiuto dei servizi sociali e delle operatrici di Eva Onlus che ha fornito pieno supporto alla vittima. La donna e i figli sono stati collocati presso una struttura protetta.
Una prima versione di questo articolo riportava, erroneamente, Cassano Magnago come luogo di residenza della donna coinvolta: la vicenda è avvenuta invece a Cavaria con Premezzo, Comune nell’area di competenza dei carabinieri di Cassano
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