L’estate “fantasma” di Togliatti in val Vigezzo, dopo l’attentato che fece tremare l’Italia

A settant'anni di distanza una mostra e un documentario raccontano il soggiorno "in incognito" del leader comunista. Una ricostruzione storica nata da un gruppo di villeggianti della zona di Gallarate

gallarate generico

La vulgata dice che fu Bartali – con la sua inaspettata vittoria al Tour de France – a evitare che in Italia scoppiasse la rivoluzione, dopo l’attentato al leader comunista Palmiro Togliatti. Lo dice la vulgata, appunto, anche se più che la passione sportiva contò la fermezza e il freddo calcolo dello stesso Togliatti, capace dal letto di ospedale di ricondurre alle direttive del Partito (per antonomasia, il Pci) le pulsioni rivoluzionarie di tanti italiani.

Fu uno snodo fondamentale, evocato in questi giorni, a settant’anni dai fatti. Lo ricordano anche un film documentariouna mostra particolare, dedicata alla convalescenza «in incognito» che Togliatti trascorse in val Vigezzo, nell’Ossola che era stata anche protagonista della guerra partigiana contro l’invasore tedesco e contro il fascismo.

Il documentario “Via della Missione” e la mostra fotografica son il frutto di una ricerca nata da un’idea di Maria Agostina Pellegatta, ex senatrice di Cassano Magnago e frequentatrice della val Vigezzo, come tanti lombardi della zona di Gallarate e Busto Arsizio. «L’ho scoperto lo scorso anno a Santa Maria Maggiore» ammette lei, che si definisce anche oggi «togliattiana» e che della vita del “Migliore” è appassionata studiosa. «Mi hanno raccontato della convalescenza a Toceno, che a me non risultava, perché sapevo che nel tempo, da figlio di montanari e amante della montagna, frequentasse Macugnaga, Courmayeur e Cogne. Ho cercato nella mia ricca bibliografia su Togliatti e ho trovato i riferimenti, prima nella biografia di Bocca e poi in altre». Il nome di Toceno – paese di tetti in pietra e alti comignoli – ritorna anche in parole che Togliatti spese negli anni successivi, nei sedici anni che separano l’attentato a Roma e la morte a Jalta in Crimea.

L’edificio dell’albergo Miravalle a Toceno esiste ancora oggi, anche se è chiuso e sbarrato, ben diverso da come doveva apparire in quell’estate di un’Italia ancora povera, segnata da grandi differenze sociali e tensioni politiche, ma avviata verso la ricostruzione.
Il 14 luglio 1948, in via della Missione a Roma, Togliatti era rimasto a terra ferito da tre colpi di una calibro 38 sparati dallo studente Antonio Pallante, anticomunista e simpatizzante del movimento dell’Uomo Qualunque. Operato d’urgenza a Roma (“l’onorato chirurgo Valdoni/con i ferri che sa adoperare/ha saputo la pallottola levare”, racconta una canzone), il leader del Pci rimase nella capitale ancora fino a luglio, a stretto contatto con il medico di fiducia. Per la convalescenza – raccontano le cronache – inizialmente scelse villa Rothschild sul lago d’Orta, «ma era assediato dai giornalisti, in un posto che si era riempito di polizia» ricorda ancora Pellegatta. «Si trasferì allora di nascosto a Toceno, sfuggendo al controllo dei cronisti con uno stratagemma». Dalla villa, di prima mattina, uscirono due auto: una “civetta” si diresse verso la pianura, l’altra con a bordo il segretario del Pci uscì alla chetichella e risalì la val d’Ossola per poi girare in Val Vigezzo, dove il leader comunista rimase due settimane, fino al 20 settembre.

A Toceno “il Migliore” arrivò in incognito, anche se poi – nonostante le precauzioni – la sua presenza finì per divenire nota ai valligiani. Testimonianze e una decina di foto restituiscono l’immagine del leader comunista, allora 55enne, che gioca a scopone e a bocce, fa lunghe passeggiate. «Giorgio Bocca dice che metteva sempre una maglione regalato da Cino Moscatelli (famoso comandante partigiano delle Brigate Garibaldi in Valsesia, ndr), perché gli ricordava la Resistenza». Per questo nel documentario – firmato dal giovane regista novarese Mattia Fazzari – c’è anche la figlia di Moscatelli, Carla, tra le persone che hanno contribuito a rendere viva l’immagine dei fatti di quei giorni di settant’anni fa.

L’operazione storica a Toceno per ricostruire la convalescenza di Togliatti – lontana da ogni appartenenza politica, tanto che è allestita nella casa parrocchiale del paese – coinvolge molti “villeggianti” del Gallaratese oltre a Pellegatta, come Elio Giacometti e l’ingegner Pasquale De Lucia, che ha curato il progetto grafico della mostra che sarà inaugurata il 29 luglio.
La storia del legame tra l’Ossola e la bassa provincia di Varese è di lunga data: c’entra il collegamento diretto con la ferrovia del Sempione che accorciò le distanze, ma secondo alcuni c’entra anche il rapporto stretto sviluppato negli anni della Resistenza, quando decine di giovani in età di leva e di antifascisti – di tutte le correnti politiche – partirono dalla zona di Gallarate e Busto per raggiungere la Val Grande, soffrirono i rastrellamenti e le fucilazioni (è morto lo scorso anno l’ultimo testimone dell’eccidio di Fondotoce), parteciparono poi all‘effimera “Repubblica dell’Ossola”, il primo esperimento democratico fatto nell’Italia ancora occupata dai nazifascisti.

Naturalmente oltre che agli archivi (di Anpi Verbania-Cusio-Ossola, o Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico, Fondazione Istituto Gramsci Roma, RAI Teche, Università degli Studi Roma Tre) il documentario e la mostra fanno molto ricorso anche alle testimonianze locali, a partire dalla famiglia degli albergatori. «Angelo Ubezio, l’albergatore di allora, è morto a 103 anni e nei suoi ricordi ha sempre chiamato Togliatti “il professore”» ricorda ancora Pellegatta. «Aveva promesso di tacere la sua identità, persino alla moglie, e rimase fedele alla consegna».

L‘estate del 1948 venne poi ricordata spesso con una certa leggerezza, appunto facendo ricorso all’immagine di Gino Bartali che il 15 luglio trionfa inaspettatamente al Tour de France a 34 anni e raffredda gli animi degli italiani, che sarebbero sempre pronti ad accantonare agevolmente la polemica politica in cambio di un po’ di sport. Non fu così: la realtà era che nei giorni successivi all’attentato ci furono violenti scontri tra la polizia e i manifestanti un po’ in tutta Italia,
ma soprattutto nelle città industriali del Nord: morirono in tutto trenta persone (poco meno la metà lo stesso 14 luglio) e altre ottocento furono ferite. Lo sciopero generale paralizzò il Paese e divise lo stesso sindacato, con la scissione della Cisl dalla Cgil.

Alla fine fu lo stesso Togliatti a tenere a freno le componenti rivoluzionarie del PCI, consapevole del rischio della guerra civile e di una reazione degli Usa, dentro ai “confini” della Guerra Fredda tracciati dagli accordi di Yalta. Per la seconda volta (dopo la scelta del governo di unità nazionale nel 1944, a Salerno) il leader comunista antepose il realismo ed evitò un’insanabile spaccatura tra gli italiani, al prezzo di una rivoluzione mai fatta.
Il riserbo massimo di Angelo Ubezio, l’albergatore di Toceno, forse fa parte di questa realtà: quella di un’Italia ancora molto instabile e dove bastava l’azione di un singolo a portare sull’orlo della guerra civile.

 

 

La mostra “Palmiro Togliatti convalescenza a Toceno dopo l’attentato del 14 luglio 1948 – 70° anniversario” sarà allestita nella casa parrocchiale di Toceno dal 29 luglio al 19 agosto.

Nella giornata del 29 luglio sono previste: alle ore 15.30 inaugurazione “Targa-ricordo” presso l’Albergo Miravalle Intervento di Tiziano Ferraris, sindaco di Toceno; ore 16.30 apertura “Mostra di fotografie, documenti, libri” (progetto Ing. Pasquale De Lucia) presso la Sala Parrocchiale; ore 17.30 anteprima del film “Via della Missione” (regia Mattia Fazzari, soggetto Maria A. Pellegatta) presso il salone Biblioteca Comunale.

Roberto Morandi
roberto.morandi@varesenews.it

Fare giornalismo vuol dire raccontare i fatti, avere il coraggio di interpretarli, a volte anche cercare nel passato le radici di ciò che viviamo. È quello che provo a fare a VareseNews.

Pubblicato il 20 Luglio 2018
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