1918, quando la guerra toccò ogni paese delle nostre valli

Un brano del romanzo del professor Carlo Banfi, "Linea Cadorna", nel quale si ripercorrono alcune dolorose ferite che il conflitto portò anche a casa nostra

Avarie

Col 4 Novembre, si conclude la ricorrenza del centenario a ricordo della Grande Guerra. Sui monumenti dei caduti ricompare il tricolore e si portano fiori. A volte si leggono anche i nomi che vi sono incisi. Spesso però la memoria si ferma lì.

C’è’ un romanzo “Linea Cadorna”, scritto dal professor Carlo Banfi che parte di quei nomi e quei volti cerca di ricostruire fra ricordi e memorie di quanti vissero quegli anni nello nostre valli.

 

In un capitolo del testo, che pubblichiamo di seguito, viene ricordato il ruolo importante che ricoprirono i parroci di paese, nel dare la notizia della morte dei militari alle famiglie. Una testimonianza importante a 100 anni da una data che fece l’Italia.
(a.c.)

Capitolo VI°
Il don Paolo aveva rivelato al Pedar – sotto promessa che tutto doveva rimanere nella più assoluta segretezza – che durante il conflitto al Comune arrivavano delle piccole cartoline di color giallino, simili a quelle postali, provenienti dal Distretto Militare di Varese. Riportavano comunicati scarni e rappresentavano invece tutto per chi attendeva in ansia.
“Ufficio notizie alle famiglie dei Militari di Terra e di Mare – Sottosezione di Varese – Data: 27.6.16 – Nome: Lorenzo – Paternità: Giuseppe – Reggimento: 137
Fanteria – Distr. Mil. Varese – Matr. 29600 – Dal Cappellano Militare dell’Ospedale da Campo n° 31 zona guerra ci viene trasmesso che detto soldato è morto in
quell’Ospedale il 19.6.16 per ferita. Sia comunicato coi dovuti riguardi la triste notizia alla Famiglia unita la nostra condoglianza – Firma …”
“… Dal fronte ci viene risposto: Disperso il 21.5.16 – Firma …”
“… Vi comunichiamo che detto militare trovasi a Piacenza nell’Ospedale Zanardi Landi per ferita al braccio sinistro – Firma …”
Telegramma da Roma – 15.8.1916 Ufficio telegrafico di Como – “Prego comunicare famiglia notizia pervenutaci autorità austriache che soldato… Lorenzo di Paolo 89
29fanteria prigioniero internato Sigmundsherberg buona salute Crocerossa Prigionieri”
A volte al don Paolo venivano affidati gli oggetti personali dei caduti, che giungevano in Comune via posta, e a lui toccava recapitarli. Quando gli mettevano tra le mani quelle reliquie, gli si stringeva il cuore e per tutto il percorso che lo separava dalla casa a cui erano destinate, pregava.
“Deposito 91° Reggimento Fanteria – Varese lì 14 Agosto 1916 – On. Sig. Sindaco di Brissago Valtravaglia In pacco
raccomandato vennero oggi inviati alla S.V. gli oggetti personali appartenenti al Soldato… Lazzaro di Giacomo del 91° Reggimento Fanteria 8 a Compagnia morto in
guerra. Si prega vivamente di voler farli consegnare alla famiglia ritornando l’unito modulo regolarmente firmato per ricevuta. Il colonnello Comandante del Deposito.
Firma …”
Le ferite che le notizie arrecavano al cuore di chi era in attesa non avevano limite: “Dichiarazione d’Irreperibilità – Il Comandante del Deposito 80° Reggimento Fanteria (… …) d i c h i a r a che … Antonio di Luigi e di … Anna Maria nato a Brissago Valtravaglia il 1 settembre 1896 soldato 80° Fanteria (… …) prese parte il 22 Luglio 1916 al fatto d’armi in Val Posina Che dopo tale fatto egli scomparve e non venne riconosciuto tra i militari dei quali fu legalmente accertata la morte o che risultassero essere 30prigionieri. Che perciò è irreperibile e deve presumersi morto il 22 Luglio 1916. Verona, addì Ottobre 1916. Il Comandante del Deposito. Firma …”
Nel paese con meno di seicento anime sono caduti in diciassette e quelli del Comune, quando arrivava il comunicato dalle autorità competenti, si affidavano al don Paolo per recare quella tremenda notizia.
Una famiglia ha perso due figli. Uno è stato insignito di medaglia d’oro al valore militare. I bambini a scuola apprendevano a memoria il motivo dell’onorificenza:
“Giovanni di Policarpo, Caporal maggiore – 206° reggimento fanteria. Nato il 19 dicembre 1886, morto il 6 agosto 1916 a Oslavia per ferite riportate in
combattimento. Decorato di Medaglia d’Oro al valor militare con la seguente motivazione: “Alla testa di un gruppo di animosi, per primo si slanciava contro una
caverna il cui imbocco era difeso da una mitragliatrice.
Uccisi i mitraglieri austriaci, intimava agli altri la resa, catturando così cinque ufficiali, centoventicinque soldati e due mitragliatrici. Poco dopo, in un attacco, cadeva ferito mortalmente. Avanti Savoia! Furono le ultime sue parole””.
Si trattava della Sesta battaglia dell’Isonzo o battaglia di Gorizia svoltasi dal 4 al 17 agosto 1916. Sotto la spinta di questa offensiva le truppe italiane entrano in Gorizia l’8 agosto.
Il fratello Giuseppe muore sul Monte Grappa il 23 novembre 1917. In quel giorno c’era stato un contrattacco 31delle nostre truppe per alleggerire la forte pressione del nemico dopo Caporetto, dove il 24 ottobre 1917 austriaci e reparti germanici avevano sfondato le linee italiane.
Il Grappa e il Piave erano diventati il baluardo che doveva arginare l’avanzata degli Imperi Centrali. Il general Cadorna era stato rimosso e gli subentrò l’Armando Diaz. Vennero buttati in prima linea i ragazzi del ’99 e il loro coraggio rappresentò un argine insormontabile per l’invasore. Gli stessi socialisti moderati di Turati e Treves si sentirono coinvolti e i lavoratori furono richiamati all’imprescindibile dovere di difendere i confini del territorio italiano.
L’Enrico scultore, che era stato richiamato in artiglieria col grado di sottoufficiale, aveva confermato al Pedar gli atti di eroismo, dettati da circostanze estreme sia dall’una che dall’altra parte. Momenti di furore. Il denominatore comune era però la morte che si ripeteva allo spasimo e diventava stillicidio quotidiano. Qui non c’era niente di eroico, ma solo la bestialità dell’uomo.
Finita la guerra, quando in un grosso comune del Nord Milano – Garbagnate Milanese – gli han chiesto un monumento commemorativo, lui ha proposto la figura di una donna che sorregge tra le braccia un caduto. Ma non glielo hanno accettato. E allora ha ripiegato su una stele con i nomi di chi nel paese ha sacrificato la vita, con alla base le armi abbandonate.
Lo hanno realizzato così, per non dimenticare e per onorare quegli uomini.
(…)

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 02 Novembre 2018
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