Piccolomo in aula: “Non ho ucciso io mia moglie”
Lungo monologo dell’uomo imputato per l’omicidio di Marisa Maldera. La ricostruzione di quella notte
«Non sono un orco e ho due figli piccoli da crescere e per questo non voglio prendermi colpe non mie, come per Lidia Macchi: quando sono stato in carcere ne ho vissute di tutti i colori: botte e violenze. E non sono stato io a uccidere mia moglie, è stato un incidente».
Dura poco meno di mezz’ora la verità di Giuseppe Piccolomo sulla notte del 20 febbraio 2003 per la quale è imputato di fronte alla Corte d’Assise di Varese con l’accusa di omicidio della moglie, Marisa Maldera.
Il presidente della Corte Orazio Muscato ha più volte ribadito a Piccolomo che «il processo penale non è una platea televisiva», riferendosi al trascorso raccontato dall’imputato durante le sue dichiarazioni spontanee che hanno toccato il rapporto coi nipoti e il suo ruolo di padre, ma anche di marito e compagno d’affari nel ristorante intestato alla moglie, e della nuova vita che si è costruito con l’attuale moglie (che vive in Marocco: era attesa come teste, ma non si è presentata) dopo la sua conversione all’Islam.
Su come andò quella notte, Giuseppe Piccolomo ha ricostruito il tragitto dell’auto partita da Caravate, arrivata presso l’abitazione dei coniugi – in un locale viveva già quella che sarebbe divenuta la nuova coniuge – per poi ripartire verso Varese alla ricerca di un caffè da bere dopo una lunga serata di lavoro in pizzeria.
Il rientro a Caravate, dopo un controllo stradale ad opera di una pattuglia dei carabinieri alla Schiranna, ha avuto l’epilogo tragico per la donna di fianco al conducente della Volvo Polar: secondo il racconto di oggi, si sarebbe trattato di un incidente dovuto a un gesto di stizza per l’ennesima sigaretta accesa da parte della donna, mentre in auto era presente una tanica di benzina appena riempita al distributore di Gavirate: una rapida sterzata e la vettura che si capovolge in mezzo a un campo con la donna che avrebbe fatto in tempo a chiedere al marito: “Tutto bene?”, prima che l’auto esplodesse, con Piccolomo fuori dal veicolo che si dispera e chiede aiuto nel cuore della notte suonando i citofoni delle vicine abitazioni.
Una ricostruzione che si differenzia nettamente dall’accusa di omicidio volontario mossa dalla Procura. Nel pomeriggio è stata convocata una teste che verrà accompagnata in Tribubale per uno degli ultimi atti del dibattimento prima delle conclusioni in programma per il prossimo 21 di dicembre. L’ora della verità – quella processuale – è vicina per Giuseppe Piccolomo, già in carcere, all’ergastolo, per l’omicidio di Carla Molinari avvenuto nel 2009 a Cocquio Trevisago.
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