Ospedale unico: la Regione riparte dall’accordo di programma
A tre anni dall'annuncio, in Regione è stato firmato il documento che avvia la fase di adesione di comuni, Ministero e Ats. Critico Astuti: " tempi lunghi, intanto i due ospedali si stanno impoverendo"

La giunta regionale ha approvato l’accordo di programma per costruire il futuro ospedale unico tra Busto e Gallarate. Regione Lombardia ha di fatto dato il via libera che introduce alla fase più operativa: « Si tratta di ben 350 milioni di euro di investimenti addizionali, questa la cifra prevista – spiega Emanuele Monti Presidente della III Commissione Sanità e Politiche Sociali di Regione Lombardia –, che significa, oltre al potenziamento dell’offerta sanitaria, anche aumento di posti di lavoro e tutto l’indotto per il territorio della provincia di Varese. Il progetto prevede di realizzare la sede unica dell’Asst che riunisce in un’unica struttura ospedaliera le attività Sociosanitarie che ad oggi trovano posto all’interno degli Ospedali di Busto Arsizio e Gallarate e in ulteriori presidi territoriali. All’Accordo di programma prenderanno parte Regione Lombardia, il Ministero della Salute, il Comune di Busto Arsizio, il Comune di Gallarate, l’Asst della Valle Olona e l’Ats dell’Insubria».
La macchina burocratica per il futuro ospedale che sorgerà a Beata Giuliana si rimette in moto. L’atto amministrativo dovrà recuperare le adesioni degli attori partner, come i comuni di Gallarate e di Busto che già nell’estate del 2017 avevano votato l’intesa per la promozione dell’accordo di programma, un documento che aveva validità di un anno ed è ormai scaduto.
Ed è proprio sulla lentezza della burocrazia a puntare il dito Samuele Astuti, consigliere del PD: « Al posto di usare toni trionfalistici – ha commentato Astuti – io avrei chiesto scusa ai cittadini delle due città. L’ospedale unico è ancora fermo al palo a tre anni dal suo annuncio. Nel frattempo, però, i due presidi si stanno impoverendo: stanno perdendo professionalità e risorse e ciò a discapito della cittadinanza che vede ridurre la propria risposta ai problemi urgenti della sanità».
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