«Cosimo ma cosa fai? Poi mi ha sparato»

Alla sbarra l’uomo accusato di tentato omicidio ai danni dell’ex genero colpito due volte, poi la pistola si inceppò. Ma quella sera le sparatorie a Luino furono due

Avarie

«Cammino per strada e ho paura. Temo che chi incrocio possa spararmi. Per questo vengo seguito da uno psicologo».

Il primo ad essere sentito in aula di fronte al collegio giudicante di Varese stamattina è stato Khedraoui Abdallah, Abdul per gli amici del bar Tre Pini di Luino dove l’11 febbraio scorso venne colpito attorno alle 18.40 da due proiettili di pistola calibro 7,65 esplosi fuori dall’esercizio prima di scappare, percorrere una ventina di metri e poi cadere a terra.

A pochi metri, ma nella gabbia mentre visibilmente e più volte scuoteva il capo, c’era invece un uomo più vecchio e ritenuto il suo aggressore, accusato di tentato omicidio e di danneggiamenti: è Cosimo Benenati, oggi ancora in custodia cautelare per i fatti che scossero quel tardo pomeriggio che stava lentamente spegnendo un lunedì d’inverno nella frazione di Voldomino a pochi passi dal Tresa.

Uno stradone che porta all’ospedale, una piazza con qualche esercizio, tra cui il bar dove è avvenuta la sparatoria. Oggi era il giorno del rito immediato, e dei testimoni che in aula hanno raccontato quanto visto quella sera. Testimoni che a dire il vero, come gli stessi militari hanno specificato «si sono per la maggiore dileguati dopo i fatti».

Però le tracce dell’accaduto, e che il dibattimento consentirà di approfondire, sono rimaste a terra: alcuni bossoli dell’arma automatica che secondo il racconto della vittima si è inceppata al momento di sparare una terza volta, questa volta alla testa, quando il terzo proiettile dell’arma invece di rimanere nella camera di scoppio venne espulso e ritrovato inesploso e completo di ogiva a terra.

Poi un’auto dello stesso modello dell’imputato vista sfrecciare da un gruppo di sportivi in allenamento e che cerca di allontanarsi da Luino ma incrocia una pattuglia dei carabinieri non distante da Lavena Ponte Tresa e poi l’arresto, in serata. In questo lasso di tempo potrebbe essere maturato anche l’altro reato contestato a Benenati, il danneggiamento.

Un fatto probabilmente successivo alla sparatoria di Voldomino che consiste in tre colpi di pistola sparati contro un esercizio pubblico della città, il «New Bistrot» di via Verdi: il titolare, anche lui in aula sentito come teste, si accorse il giorno dopo di quei buchi sulla saracinesca e denunciò il fatto ai carabinieri. Dai rilievi dei militari, e dalle successive indagini scientifiche del Ris di Parma i bossoli trovati fuori dal Bistrot erano compatibili con quelli esplosi all’esterno del Tre Pini, dove avvenne il ferimento.

In pratica le sparatorie quella sera a Luino furono due, ma con altrettanti moventi. Se, nel primo caso, quello dove venne versato il sangue di Abdallah, si parla di possibili dissidi fra suocero e genero per il comportamento di quest’ultimo nei riguardi della compagna, (figlia di Benenati, l’imputato), i proiettili che bucarono il montante della saracinesca del Bistrot sarebbero da ricercarsi nella volontà di costringere il proprietario del bar a mettersi in società coi Benenati.

Solo ipotesi, e tutte da verificare, certamente, ma che rappresentano una possibile spiegazione di quanto avvenuto quella sera, in una cittadina dove le sparatorie non sono certamente all’ordine del giorno, come ricordato dal luogotenente del carabinieri Marco Cariola, a capo del nucleo operativo radiomobile di Luino che ha risposto alle domande.

In aula il primo ottobre prossimo verranno escussi altri testi e arriverà l’analisi sulla compatibilità dei bossoli svolta dal reparto investigazioni scientifiche.

Ma il pubblico ministero Anna Zini ha chiesto di acquisire anche alcuni post su facebook pubblicati dall’imputato e che potrebbero risultare utili per fare chiarezza sull’accaduto, così da risalire alle precise responsabilità.

Andrea Camurani
andrea.camurani@varesenews.it

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Pubblicato il 10 Settembre 2019
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