Chi educa i bambini all’arte e allo sport?
Se lo spazio a scuola non c'è o scarseggia a farsene carico è la famiglia, ma il linguaggio artistico e lo stile di vita sportivo rischiano di essere ridotti a "passatempi"

La nostra non è una scuola per l’arte e lo sport. A dispetto della grande tradizione italiana in ambito sportivo e soprattutto nei diversi campi dell’arte, dalla scultura alla musica alla danza, l’educazione artistica e sportiva dei bambini è in gran parte sulle spalle delle famiglie, con mamme e papà trasformati in autisti part-time per portare i figli a seguire i corsi più svariati (spesso troppi) nei pomeriggi dopo scuola.
Una prassi che ha un peso considerevole sui bilanci di casa sia economicamente che in termini di stress, per i genitori e anche per i figli, sballottati da una parte all’altra della città. E poi rischia di passare il concetto che arte e sport siano non pilastri di vita ma “passatempi”, legati alla sfera personale e magari finalizzati alla mera esibizione. Ben lontano dal concetto di linguaggio artistico, con cui esprimersi e comunicare o di sport inteso come stile e attitudine di vita.
«La musica viene spesso relegata a mero divertimento, ma in realtà è un linguaggio che accompagna la crescita globale del bambino, la sua persona e come tale andrebbe insegnata e coltivata anche nelle scuole di ogni ordine e grado, a partire dalla prima infanzia, come avviene nel Nord Europa», ci aveva dichiarato un anno fa Mariachiara Ferraro (Maestro in Violino), cofondatrice dell’accademia Papillon di Varese, facendo proprie e rilanciando le dichiarazioni del grande direttore d’orchestra Ezio Bosso,che pure ha proposto di fare iniziare lo studio della musica dall’asilo, perché «alle medie è già tardi».
Un altro anno scolastico partirà tra qualche settimana, con qualche iniziativa in più, regionale (come “Il maestro di sport”) o comunale (i corsi del Cffs di Varese nelle scuole) per portare la cultura dello sport negli istituti scolastici. Per l’arte invece le proposte educative rivolte ai bambini rimangono per lo più in carico alle famiglie, con qualche significativa eccezione affidata però all’intraprendenza delle singole scuole.
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