“Sono caduto nella sua rete e mi ha portato via 220 mila euro“
Lui 65 anni imprenditore, lei prostituta trentenne: una storia impossibile finita di fronte al giudice: “È tornata dopo anni e mi ha minacciato“

Ha pagato il silenzio della sua amante, e l’ha pagato caro. Carissimo: oltre 220 mila euro svaniti in dieci anni di frequentazione, dal 2006 al 2016, con alti e bassi come sono le storie di letto e di cuore. Oscillazioni nate dall’amore mercenario secondo la parte offesa e che ha denunciato per circonvenzione d’incapace ed estorsione.
Lui è un imprenditore facoltoso in pensione che si è “fatto da solo“: classe 1941, nel 1961 comincia a lavorare come operaio in un impianto sportivo della provincia, e diventa imprenditore vent’anni dopo: portafogli gonfio, conto in banca ancora di più ma difficoltà relazionali con la moglie e un brutto infortunio che lo debilita: morale a terra, nel 2006 viene fermato mentre è in auto a Varese da una donna che fa la vita in strada: «Io ti conosco, tu m’hai insegnato a nuotare».
Le parole e il racconto sono dell’anziano, oggi in aula sentito dal giudice e dalle parti: da quella serata finita in Motel parte una relazione da cui ne esce a pezzi: «Ero in una condizione di debolezza, e lei si è approfittata di me».
Lei è una donna di origini polacche classe 1975 che secondo l’accusa ha colto la palla al balzo: quell’uomo un po’ sulle nuvole è presto diventato una preda a cui chiedere soldi, che aveva: 2000, poi 3000 euro a botta.
Prelievi in contanti e assegni, bonifici, conti correnti svuotati. «In due anni, nella prima parte della storia, le ho dato circa 100 mila euro». Fino a qui la storia potrebbe sembrare come un amore impossibile, la voglia di aiutare, ma non è così: l’uomo già ai tempi sosteneva che la donna minacciava di svelare ai famigliari il rapporto galeotto.
Una accusa messa in dubbio dal difensore della donna che ha di fatto rilevato un punto importante: se stava separandosi, che problema poteva avere a far sapere alla moglie che aveva un’altra relazione?
Ma tant’è: l’anziano ha oggi raccontato come il comportamento di quella donna fosse determinato, tanto da renderlo succube in un momento di difficoltà emotiva. Poi i due si staccano, ma dopo un paio d’anni la donna torna alla carica: lo invita in un bar del centro a Varese e con una sceneggiata produce un certificato in cui attesta il suo stato di gravidanza, un fatto di per sè non imputabile all’uomo («non ci “vedevamo“ da anni»).
Ma lei insiste si mette a urlare, gli chiede soldi e lui glieli dà: è l’importo per pagare l’interruzione di gravidanza in una clinica di Lugano. Le richieste della donna poi continuano, riprendono come un fiume in piena fino ad arrivare alla cifra complessiva di 220 mila euro, addirittura la donna dell’Est vuole i soldi per pagare le spese notarili in seguito alla morte della madre.
«A volte mandava i figli con dei fogli che avevano scritte le richieste in danaro. Signor giudice, io i soldi li avevo, frutto del mio lavoro di imprenditore». E così ha pagato. Anzi, l’uomo ha sostenuto di continuare a pagare la donna per la paura di venir «sputtanato» sul lavoro e in famiglia, fino alla decisione, nel marzo 2016, di denunciare tutto ai carabinieri che, con la comunicazione di notizia di reato alla Procura fanno partire l’azione penale, arrivata in aula alle sue battute finali.
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