Con Giacomo Poretti alla ricerca della password dell’anima

Attualità, tecnologia, riflessione e ricordi personali attendendo di conoscere un figlio appena nato: applausi per il primo spettacolo della stagione di prosa comunale diretta da Andrea Chiodi. In platea anche il sindaco e assessore alla Cultura Davide Galimberti

Generico 2018

Per «Fare un’anima» ci vuole un account. E poi una password, sperando di non dimenticarla, e Siri che ti guida… O forse no? È stata una bella cavalcata, comica e insieme profonda, a tratti emozionate ma anche ironica, il monologo di Giacomo Poretti che il 22 ottobre ha inaugurato la stagione di prosa del Teatro di Varese.

In platea c’erano anche il sindaco e assessore alla Cultura Davide Galimberti e Andrea Chiodi, in duplice veste di direttore artistico del cartellone comunale ma anche di regista di questo spettacolo, proposto per la prima volta in forma di lettura al festival «Tra Sacro e Sacro Monte», nell’estate 2017, e diventato poi un testo con la collaborazione di Luca Doninelli.

«Lo conosco da anni, stasera è emozionato ma seguitelo, a parte il mio ha scelto tutti spettacoli belli»: così Poretti ha rotto il ghiaccio, spuntando da una quinta mentre Chiodi presentava la serata e ringraziava le associazioni (era il turno dei Lions International) che di volta in volta adotteranno uno spettacolo.

«Abbiamo finito? Li hai citati tutti? I miei parenti sono arrivati? Juventini in sala non ce ne sono, dunque possiamo iniziare?»: ammiccando alla partita e al suo legame con Varese, Giacomino ha strappato con simpatia il primo dei tanti applausi che il nutrito pubblico gli ha riservato.

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L’attore ha anche chiarito subito che gli altri due, Aldo Baglio e Giovanni Storti, non essendo i suoi fratelli siamesi non sarebbero comparsi: i comici del famoso trio, nato proprio nella nostra provincia (al Caffè Teatro di Verghera di Samarate), saranno di nuovo insieme al cinema il 30 gennaio con «Io odio l’estate», ma intanto si sono presi del tempo per fare cose da soli. Giovanni sta girando un suo film, Aldo sta scrivendo un libro. Giacomo, 63 anni e un passato remoto da operaio alla Tosi e da infermiere all’Ospedale di Legnano, oltre a questo spettacolo è ora in scena in «Litigar danzando» con la moglie Daniela Cristofori, psicoterapeuta al debutto da attrice, ed è anche direttore artistico del Teatro Oscar di Milano.

In «Fare un’anima» Giacomo Poretti parte da un aneddoto della sua vita. È appena diventato papà di Emanuele e nella sala d’aspetto dell’ospedale attende di conoscere la creatura data alla luce da sua moglie, una mamma primipara attempata, sognando per lui un futuro da influencer, da personal shopper o da organizer di armadi, ma anche da bomber dell’Inter, quando arriva un amico sacerdote che gli dice: avete fatto un corpo, ora dovete fare un’anima… Ma cos’è quest’organo che non si vede nemmeno con la Tac con il liquido di contrasto? Come si fa un’anima? Parte così una spassosa carrellata di stereotipi del nostro millennio mescolati con ironia.

Poretti diverte parlando di tecnologia, account e password, dell’algoritmo che ti conosce più di tua moglie e sa quale schiuma da barba preferisci, di Amazon, dell’Apple Watch che ti cura meglio del tuo medico, del frigorifero intelligente che ti ricorda di comprare le carote, del reflusso esofageo che è il male di moda oggi. E di Siri, l’assistente dell’I-Phone che dialoga a più riprese con l’attore durante lo show.

Poi il tono si fa più serio per uno dei momenti più toccanti dello spettacolo, un ricordo di vita vera: anni Sessanta, Villa Cortese, Giacomo bimbo di quattro anni che, con la valigia di cartone e le mutandine segnate con il numero 181, viene mandato in colonia a Pietra Ligure perché è un po’ piccolino, non cresce… Avanti ancora con l’attualità, l’inglese, la sua Milano «Città Stato» dove il sindaco offre car sharing e bike sharing ai cittadini che lasciano l’auto a casa (e qui Poretti richiama l’attenzione sul sindaco di Varese presente in sala).

Si arriva sul finale a un’atmosfera più intimistica: una lampadina calata dall’alto illumina una piantina e un innaffiatoio rosso, mentre una voce fuori campo declina tutte le possibili definizioni dell’anima e Poretti affronta il tema da attore drammatico e non banale. Si chiude con Modugno, volando a casa con due raccomandazione: ringraziate sempre il Padre Eterno, o se non credete in lui ringraziate il Caso, e siate gentili con tutti.

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Pubblicato il 23 Ottobre 2019
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