Il Maglificio Lisanzese si converte alla produzione di mascherine protettive
Composte di tessute idrorepellente e utilizzabili fino a 15 giorni: sono le mascherine prodotte dal Maglificio Lisanzese, che ha riconvertito la sua produzione

Dai macchinari che dal 1920 intrecciavano fibre di tessuti in pizzo per dar vita a lingerie e maglieria ora usciranno mascherine. Sulla scia di molte aziende che hanno riconvertito la loro produzione per quella delle mascherine, anche il Maglificio Lisanzese di Sesto Calende ha voluto fare la sua parte nell’attuale situazione di emergenza da Covid-19.
«Abbiamo riconvertito la produzione per due ragioni», spiega l’amministratore delegato Marco Calleri, «la prima è per dare un aiuto pratico, la seconda è permettere ad una parte dei nostri dipendenti di lavorare. Non lavoriamo a pieno regime, ma almeno possiamo tenere aperto, anche se in forma ridotta».
Le loro mascherine, spiega Calleri, non sono un dispositivo medico, bensì protettivo: «Sono fatte di cotone trattato con idrorepellente che non consente il passaggio delle “goccioline” proveniente dagli altri quando parlano e che trasmettono il coronavirus». Inoltre, non sono usa e getta: «Si possono mantenere fino a 15 giorni e sono lavabili con un lavaggio a 60 gradi», continua l’amministratore.

A breve i prodotti verranno inviati al Politecnico di Milano, per una loro valutazione: «Speriamo che il Politecnico esamini le mascherine e che ne approvi l’utilità, magari conferendoci una sorta di certificazione». Con il lasciapassare dell’università, secondo Calleri si potrebbe intensificare la produzione e ottenere una produzione più ampia.
La speranza, però, è quella di ritornare a produrre capi d’abbigliamento quando l’emergenza sarà rientrata: «Siamo nati per produrre intimo e maglieria, non mascherine».
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