Grassi (Univa): “Anche con i motori al minimo ma bisogna ripartire”

Il presidente degli industriali è intervenuto in diretta su Varesenews. «Per un datore di lavoro la sicurezza dei propri collaboratori è una priorità. Li conosce uno per uno, per nome e per cognome, passa più tempo con loro che con la propria famiglia»

roberto grassi

Quando Roberto Grassi, presidente dell’Unione degli industriali della provincia di Varese e amministratore delegato della Alfredo Grassi spa, affronta il tema della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro è molto netto. Non lascia spazi ad ambiguità soprattutto in una fase dove la possibile ripresa, dopo il lockdown imposto dall’emergenza sanitaria causata dal Covid-19, si avvicina sempre di più. Durante la diretta con Varesenews il presidente di Univa è partito proprio da questo punto,  che suscita maggiori preoccupazioni e tensioni.


«La sicurezza dei miei collaboratori è la cosa più importante – ha detto Grassi –  è dunque un tema che mi sta molto a cuore. In un tessuto industriale fatto soprattutto di piccole e medie aziende come quello della nostra provincia è naturale che la salute dei lavoratori sia la priorità. La ragione è semplice: un datore di lavoro conosce i propri collaboratori uno per uno, per nome e per cognome, passa più tempo con loro che con la propria famiglia».

La ripresa per alcune aziende consentita dal dpcm del 22 marzo ha aperto una fase inedita nella storia industriale della provincia di Varese che Grassi definisce «tra i periodi più difficili dal secondo dopoguerra». Il problema principale che hanno le imprese è la liquidità: da una parte c’è il blocco delle attività produttive, dall’altra la lentezza della burocrazia che non ha consentito una messa a terra immediata dei provvedimenti del governo. «Ci vogliono procedure agili e snelle – sottolinea Grassi – Le imprese non fatturano e non incassano. Le imprese che stanno a valle non pagano e quelle che stanno a monte non ce la fanno se non c’è un intervento immediato. Questo è il problema».

Il pensiero più pressante, in qualità di presidente degli industriali varesini, è per l’hub di Malpensa, che con i suoi 40mila lavoratori, indotto compreso, lasciati a casa,  in termini numerici è l’associata più grande. Il territorio però resiste perché ha delle caratteristiche particolari che lo rendono resiliente. «La nostra natura multi distrettuale si traduce nella grande capacità di reinventare e modificare i propri processi produttivi per far fronte all’emergenza. Pensiamo a chi si è riconvertito per fare camici e mascherine, noi stessi (Alfredo Grassi spa, ndr) l’abbiamo fatto con la certificazione necessaria per poterle produrre» spiega l’imprenditore.

In questo senso Univa ha fatto un’operazione interessante. Quando è emerso che c’era un problema di approvvigionamento di dpi (dispositivi di protezione individuale), come mascherine e tute, ha messo in campo tutte le forze per facilitare la ricostruzione della filiera. «È stato un lavoro incredibile – racconta Grassi -. Per produrre dispositivi da distribuire ai nostri operatori sanitari in prima linea e ai lavoratori, insieme a Confindustria Lombardia, Regione e Politecnico, siamo riusciti a ricostituire una filiera che oggi è in grado di produrre 1 milione di mascherine al giorno e 100 mila camici ospedalieri a settimana. Univa ha messo insieme un team straordinario di aziende reattive e resilienti, una macchina pronta ma purtroppo rallentata da impedimenti burocratici».

Alcune aziende del territorio avevano già sperimentato per scelta lo smart working e quando si è presentata l’emergenza coronavirus si sono fatte trovare pronte. Stiamo parlando perlopiù di aziende di servizi, per il manifatturiero questo passaggio è meno scontato anche se in molte realtà per alcune funzioni il lavoro agile è risultato importante. «Se pensiamo al ruolo di un commerciale o di un assistente post vendita – spiega Grassi – lo smart working insieme all’Iot sono buone prassi che rimarranno e varrà la pena continuare a utilizzarle per quelle attività che possono essere gestite così».

A proposito della tanto discussa fase 2, il presidente di Univa reclama «regole chiare e certe e senza cambiamenti in corsa come è avvenuto per le autocertificazioni», ricordando che tra l’altro un protocollo sottoscritto dalle parti sociali esiste già. «Molte aziende del territorio – conclude Grassi – prima ancora della firma di quel protocollo avevamo già messo in sicurezza i lavoratori con misurazione della temperatura, dispositivi di protezione individuale e rispetto delle distanze di sicurezza. Noi imprenditori siamo abituati a rispettare le regole, ma ancor di più lo sono le persone in azienda, disciplinate nel tenere la distanza e nell’utilizzo dei dpi, molto più di quello che vediamo per strada tutti i giorni. Per quanto riguarda la mia azienda noi siamo aperti solo al 35 % con i motori al minimo e se non vogliamo perdere per strada nessuno occorre riaprire le aziende con una certa velocità anche con i motori al minimo. Francia e Germania hanno già ripreso e la Cina è più aggressiva si prima. Gli stranieri si vanno a posizionare a valle e a monte delle filiere disgregandole. Bisogna ripartire con grande senso di responsabilità sia degli imprenditori che dei collaboratori per lavorare in totale sicurezza».

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 15 Aprile 2020
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  1. Avatar
    Scritto da Felice

    Spero che almeno voi industriali sappiate riconoscere la incapacità di questa giunta lombarda schizofrenica che passa da un giorno all’altro dal blocchiamo tutto al riapriamo tutto (senza un piano), che non si preoccupa di far arrivare e consegnare le mascherine, che ripete incessantemente “state a casa” senza giustificare le fluttuazioni dei numeri sui nuovi contagi quando più del 90% dei lombardi è veramente a casa abbandonata ad un destino che fa fatica anche a comprendere, che recita un bollettino quotidiano dove mischia sacro, profano, morti e contagiati senza una struttura e logica particolare, che ha trasferito i malati di Covid nella RSA provocando una ecatombe, che ha investito cifre ridicole per gestire la emergenza Covid e che ha pensato bene di coinvolgere meno possibile le strutture private lasciando a loro la facoltà di scegliere, strutture così ben foraggiate da 25 anni di amministrazione Formigoniana/CL, una giunta dove sono apparsi evidenti tutti i difetti colposi di aver lasciato mischiare sanità ed arrivismo politico.
    In questa regione più che una petizione per la istituzione di commissario speciale ci vorrebbe un processo stile Norimberga, per crimini contro i lombardi.
    Per quanto riguarda la Cina io mi ispirerei al Giappone che ha istituito fondi per chi rimpatria le produzioni dalla Cina al proprio paese.
    https://www.ilsole24ore.com/art/giappone-fondi-chi-rimpatria-produzioni-cina-AD10sFJ
    La Cina è stata l’eldorado capitalistica neo-liberista, sfruttamento del lavoro, salari bassissimi, controlli ridicoli. Forse è il caso di imparare dai propri sbagli, riformare il mondo del lavoro italiano ed incominciare a trasferire le produzioni nuovamente nel proprio paese…magari pagando le tasse in Lussemburgo perchè non sia mai che in questo Paese, grazie anche alla vostra spinta, si faccia una seria riforma fiscale.

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