Una solidarietà attiva che può “contaminare”
Alberto fa l'infermiere in ospedale. Propone di devolvere a lavoratori in difficoltà i cento euro ricevuti dal Governo

Egregio Direttore
Sono un infermiere, lavoro nella azienda sanitaria ASSTsettelaghi. A favore della categoria di lavoratori cui appartengo, si stanno spendendo, da quando siamo in questa situazione di pandemia, tante parole di riconoscimento per l’attività che svolgiamo. Tante parole, troppe parole, esagerate parole, pronunciate così spesso da averne fatto perdere il senso vero.
Eroi ci chiamano! Chi ci definisce eroi è perché non ha valorizzato in precedenza il nostro lavoro. Che poi: è il nostro lavoro!! E ci voleva una epidemia per scoprirlo? Sia chiaro che mi fa piacere che ci sia considerazione. Mi fa invece rabbia se penso al “prima”.
Abbiamo ricevuto molte dimostrazioni di affetto e di riconoscenza. Tra le tante, c’è chi ci ha regalato le colombe, chi le uova di cioccolato, chi le mascherine, chi addirittura i disinfettanti (sic..), chi le brioches…e quindi la riconoscenza diventa reciproca: grazie a voi!
C’è poi anche lo Stato, che ha deciso di riconoscerci una cifra di 4,5 euro lorde per ogni giorno lavorato nel mese di marzo, 100 euro se hai lavorato i 22 giorni previsti. Siamo contenti che ci sia questa riconoscenza, e che in un momento di scarsità di liquidità, si sia pensato a questo “bonus”. In questo periodo stiamo facendo sacrifici, ma abbiamo comunque uno stipendio garantito (non è questo il luogo per discutere se sia adeguato, ma vi dico già che NON lo è), che purtroppo molte persone non possono avere perché la loro attività produttiva è ferma. Cento euro utili, e a chi non fanno comodo?
Siamo nei giorni che precedono la festa del lavoro e dei lavoratori. E’ difficile parlare di lavoratori senza fare riferimento al sindacato. Ma soprattutto al valore della solidarietà, valore fondante del sindacato stesso. E arrivo al “dunque”: c’è qualcuno che come me pensa che quei 100 euro (o parte di essi) possano essere più utili ad altri lavoratori, per esempio nel settore del turismo e della ristorazione (della nostra zona e quindi individuando i beneficiari), che stanno perdendo quasi tutto?
Può lei, dalla sua testata fare da rampa di lancio, da “fionda”, per questa proposta, da girare in primis all’ Ordine delle Professionali Infermieristiche e alle organizzazioni sindacali?
In questo periodo si moltiplicano le azioni solidali, questa proposta non va vista come una “alternativa”, ha solo una qualità diversa. Mi piace l’idea che la spontaneità arrivi alle istituzioni e con esse prenda forma (anche per rispolverare quell’anima che sembrano aver perso sotto strati di burocrazia).
Sono convinto del valore di queste proposte “dal basso”, che è ben lungi dall’essere “buonista”! Non sopporto dare del “poverino” a qualcuno e mi immagino quanto debba essere umiliante riceverlo. Ne sottolineo anzi il vero senso politico, nel senso integrale del termine. Quando la solidarietà assume il ruolo di testimonianza, può “contaminare” anche altri interessi e svegliare le coscienze di altri lavoratori, anche lavoratori pubblici, come i nostri amministratori e i nostri governanti.
Se lei, signor Direttore, è scettico su questa proposta, le assicuro che anch’io lo sono. Mi aiuti a migliorarla e a concretizzarla. Si sta ripetendo così spesso che dobbiamo cambiare, che ci stiamo dimenticando di farlo. Dalle “colonne” del suo “giornale”, ci inietti un po’ di fiducia e di coraggio. Grazie.
A.G. infermiere
Carissimo Alberto,
Le sue parole mi hanno colpito. Serene, chiare, positive. Fa una proposta concreta che merita valore. Daremo spazio alla sua lettera e la ringraziamo di cuore. Verrebbe semplice dirle che sono altri i soggetti che dovrebbero provarsi di quei cento euro, ma il cambiamento parte da ognuno di noi. Lei sta facendo la sua parte due volte: da lavoratore, non eroe, ha ragione nel puntualizzare questo punto; da cittadino perché si pone una domanda che scuote e propone un atto di ulteriore responsabilità.
Grazie
Il direttore Marco Giovannelli
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