Bambini: i meno colpiti dalla pandemia e le sue più grandi vittime

Dati alla mano, gli esperti di Pillole di ottimismo auspicano modalità di riapertura delle scuole coerenti con i dati sulla contagiosità e la necessità di recuperare salute psicofisica e serenità

Generico 2018

“I bambini non sono i più colpiti da questa pandemia, ma rischiano di essere le sue più grandi vittime”. Così apre il report delle Nazioni unite dedicato all’impatto del Covid-19 sui bambini e così apre anche la nuova Pillola di ottimismo sul tema “Covid-19: cosa è successo ai bambini e ai ragazzi?” messa a punto dalla squadra di medici, docenti e ricercatori capitanati dal virologo Guido Silvestri (docente alla Emory University di Atlanta, Usa) e di cui fa parte anche il prof Domenico Cavallo (docente di Medicina del Lavoro dell’Università dell’Insubria) che aveva contributo all’analisi di studi e dati internazionali sul tema del mese scorso per concludere che i bambini sono poco contagiati dal coronavirus e ancor meno contagiosi.
Ora il pool di esperti ha aggiornato e confermato questi dati e in più li ha messi in relazione con gli effetti della lunga chiusura delle scuole sui bambini e la loro riapertura negli altri paesi dell’Europa Unita.

“La chiusura delle scuole e il confinamento domestico hanno rappresentato un grosso sacrificio per le categorie più giovani che hanno subito un cambiamento repentino e prolungato della loro quotidianità. Bambini e ragazzi sono stati costretti a rinunciare alla scuola, luogo insostituibile non solo per il loro bisogno di apprendimento, ma anche di crescita sociale ed emotiva. Questa rinuncia ha generato una sofferenza che è stata comunicata in modi diversi, spesso con segnali di iperattività e irrequietezza, oppure, al contrario, con la comparsa di abulia, stanchezza, disturbi del sonno”.
“Conseguenze negative gravi e di lunga durata sulla salute fisica e psicologica dei bambini” sono state sottolineate da diversi studi nazionali e internazionali, tra cui l’indagine condotta dal Gaslini di Genova.

L’impatto psicologico del covid19: in difficoltà 7 bambini su 10

“Non si tratta solo delle opportunità di apprendimento andate perdute, ma anche del rischio di dimenticare quello che è stato acquisito fino a quel momento con il risultato di un regresso duraturo che difficilmente potrà essere recuperato – si legge nella nota – In passato, studi sulla chiusura estiva e sull’interruzione dei servizi scolastici causata da eventi metereologici hanno dimostrato effetti duraturi nell’apprendimento scolastico: ogni 10 giorni di chiusura straordinaria provocano una diminuzione del 5% del numero di studenti che raggiungono gli obiettivi di fine anno”. E gli effetti negativi sono più gravi nelle condizioni più svantaggiate, inasprendo così le disuguaglianze sociali.

L’apertura delle scuole non dovrebbe creare paure perché i dati sono rassicuranti: i bambini e i ragazzi si ammalano meno e hanno meno probabilità di trasmettere il virus alle persone con cui entrano in contatto  – scrivono i ricercatori – Mentre è noto che i bambini siano veicolo di infezione per malattie come l’influenza stagionale, gli studi finora condotti mostrano che ciò non sia vero nel caso del COVID-19″. E rispetto al mese scorso, oltre ai dati incoraggianti degli altri paesi europei in cui le scuole hanno riaperto a maggio,  inseriscono tra le fonti anche un recente studio condotto da Andrea Crisanti a Vò Euganeo, che uscirà a breve su Nature, conferma che i bambini non si ammalano anche in presenza di una forte esposizione: dei 234 bambini sotto i 10 anni presi in considerazione, nessuno è risultato positivo al virus, nemmeno i 13 che hanno vissuto a contatto con positivi in grado di trasmettere l’infezione.

E ancora, dopo una serie di esempi di riapertura delle scuole in Europa: “In Olanda alla riapertura delle scuole, avvenuta gradualmente fra l’11 maggio e l’8 giugno, senza misure di distanziamento sociale stringenti, non è conseguita l’insorgenza di focolai e i test condotti sul personale scolastico dal 6 maggio in poi non ha mostrato un aumento dei casi in percentuale positivi al Sars-Cov-2 (12). L’esperienza olandese conferma, ancora una volta, l’impatto minimo della riapertura delle scuole sull’evoluzione della pandemia“.

Conclusioni: “Alla luce delle recenti evidenze scientifiche rispetto ai rischi di contagio da parte dei bambini e ragazzi, possiamo concludere che la riapertura delle scuole non sembra influire in maniera determinante sull’andamento della pandemia da Sars-Cov-2 mentre la chiusura rischia di minare la salute psico-fisica, l’apprendimento scolastico e la socialità delle future generazioni, soprattutto per i bambini e ragazzi provenienti da contesti più difficili. Resta aperta la riflessione sulle “modalità di apertura” che auspichiamo tengano conto dei dati scientifici prodotti, oltre che delle esperienze già in atto nei paesi citati, e mirino a ristabilire in bambini e ragazzi la serenità e spontaneità nell’incontro con l’altro.

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Pubblicato il 10 Luglio 2020
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